No al digitale per i più piccoli. Mazzai e Vedovi per “Agorà. La Filosofia in Piazza”: creiamo occasioni di apprendimento alla libertà

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Didattica e lezioni a distanza
Didattica e lezioni a distanza

di Valeria Mazzai e Nicolò Vedovi

Ad un anno dalla diffusione del virus che sta condizionando le nostre vite, ci troviamo nuovamente a parlare di limitazioni alla libertà di movimento e alla libertà di incontro. Le misure, che rientrano in un tentativo, fin troppo ostentato, di salvaguardia della salute pubblica, hanno portato il 15 marzo scorso ancora una volta alla chiusura della scuola, di ogni ordine e grado. Se la chiusura comporta dei disagi per le famiglie, le conseguenze risultano essere molto importanti per gli studenti.

Qui ci riferiremo a bambini e bambine che frequentano la scuola dell’infanzia (fascia 3-6) e le prime classi della primaria (fascia 6-9), non perché la situazione non sia la stessa per gli studenti più grandi, ma per il fatto che avvicinandosi alla scuola secondaria di primo grado si innescano altre dinamiche.

Proviamo a partire da alcuni dati di fatto: i bambini sono movimento, scoperta, curiosità.

La scuola è fatta di relazione, di incontro, di esperienze reali, non artificiali, che nel dialogo autentico tra individui, di età anche molto diverse, crea conoscenza, assecondando la curiosità e l’interesse dello studente e cercando di co-costruire, come comunità educativa, gli strumenti per una crescita individuale autonoma e che aspiri alla libertà[1].

Questa definizione può non rispondere alla percezione che molti di noi hanno dell’istituzione scolastica, ma è così che molti insegnanti e molte famiglie la vivono ogni giorno, cercando di mettere al centro il benessere del bambino.

Ma con queste premesse pedagogiche cosa c’entrano la DaD e DDI?

Ed ecco, dunque, che la situazione d’emergenza richiama docenti e discenti nuovamente alla Didattica A Distanza o a quella che, maldestramente tirata a lucido, viene definita Didattica Digitale Integrata.

Ma, ci chiediamo, perché rispondere ad una situazione emergenziale con una soluzione inadeguata? Perché ignorare gli aspetti più importanti della scuola?

Chiedersi il senso della DaD ci costringe, al tempo stesso, a chiederci il senso della scuola.

I sostenitori di questa pratica adducono a sostegno del suo utilizzo la necessità di mantenere una relazione, un contatto. Chiediamoci però se un bambino o una bambina abbia le capacità di sostenere un dialogo reale attraverso uno schermo, dove con reale intendiamo uno scambio di emozioni, pensieri, opinioni, che in qualche modo arricchiscano il suo bagaglio culturale o umano rendendo il dialogo degno di esistere.

La seconda motivazione ricorrente è lo svolgimento del programma. Il programma non è altro che un percorso obbligato scandito da tradizioni didattiche obsolete. Ma, in fondo, il programma non esiste, scalzato prima dalla quotidianità e poi ufficialmente dalle Indicazioni Nazionali.

Ci ritroviamo così in un paradosso, non solo teorico bensì tristemente pratico. Quale utilità di crescita può avere costringere ogni giorno, ad intervalli variabili, un bambino di tre, sette o otto anni a stare seduto davanti ad uno schermo? Il suo tempo, che è almeno importante quanto il nostro, merita di essere investito in questo modo?

Allora, se proprio bisogna tenere le scuole chiuse per questioni di sanità pubblica, l’unica decisione saggia dal punto di vista didattico in questo momento sarebbe, semmai, prendere una pausa,  immaginare e vivere il bambino come un soggetto, parte integrante del contesto in cui è inserito, un soggetto ricco di energia, di capacità e di risorse.

La scuola si preoccupa da sempre di addestrare questo adulto in divenire, limitandolo tra le mura dell’edificio scolastico. Perché non approfittare di questo momento per renderlo parte integrante delle dinamiche domestiche quotidiane?

I bambini esistono, meritano di essere riconosciuti e di ricoprire un ruolo primario nell’equilibrio familiare. Meritano di ricevere dei compiti, delle responsabilità condivise, di vivere assieme a noi, con noi, anche questi momenti difficili.

Bisogna vivere questo momento evitando di perdersi nella passività di uno schermo, per rispondere ad assurde richieste di una scuola che vede i contenuti e la trasmissione di nozioni prioritari rispetto alla vita individuale. Dedichiamoci, invece, a trasformare un momento di assenza di scuola in un’occasione di apprendimento diffuso[2].

In un contesto come questo, ma sarebbe auspicabile accadesse sempre, l’insegnante andrebbe a rimodulare il proprio compito. Se si parla di pausa per i bambini, non necessariamente si dovrebbe parlare di pausa passiva. L’insegnante ha la possibilità di prendere in mano il percorso di crescita, culturale in questo caso, di ogni studente che accompagna.

È l’occasione per creare delle dispense personalizzate, cucite sulle competenze e conoscenze di ogni soggetto, che possano essere svolte in autonomia (con un minimo intervento dei genitori) e a cui consegue necessariamente un feedback formativo da parte del docente. In parallelo, diventando il tempo dell’insegnamento un tempo fluido, verrebbero organizzati dei momenti di confronto, telefonico o in meeting online, con le famiglie, mostrando con ancora maggiore chiarezza quanto sia importante un’alleanza educativa tra famiglia e insegnanti.

[1] M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, Garzanti, Torino 2017.

[2] P. Mottana, G. Campagnoli, Educazione diffusa. Istruzioni per l’uso, Terra Nuova Edizioni, Firenze 2020.

Valeria Mazzai, insegnante veronese di scuola dell’infanzia. Laureata in scienze della Formazione Primaria con specializzazione in sostegno didattico per gli alunni con disabilità presso l’Università di Padova, specializzanda nel corso metodo Montessori ONM 3-6 anni, appassionata di letteratura per l’infanzia.

 

 

Nicolò Vedovi, insegnante di scuola primaria di Verona, dopo la laurea in Storia all’Università di Padova, si dedica all’educazione democratica e ai percorsi di educazione parentale. È alla costante ricerca di nuovi punti di vista pedagogici ed educativi per cambiare la scuola.


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a cura di Michele Lucivero

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