«Noi ciechi discriminati dal nuovo protocollo per le messe»

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Il protocollo “per la ripresa delle celebrazioni con il popolo”, sottoscritto da Governo e Cei lo scorso 7 maggio, usa toni discriminatori nei confronti delle persone con disabilità. Ad affermarlo è il Movimento Apostolico Ciechi. Il dissenso nasce da uno dei punti del documento (nello specifico l’1.8) che recita testualmente: “Si favorisca, per quanto possibile, l’accesso delle persone diversamente abili, prevedendo luoghi appositi per la loro partecipazione alle celebrazioni nel rispetto della normativa vigente”.

A causare lo sconcerto è stato quel “luoghi appositi” che è stato lettocome un ritorno almeno a mezzo secolo fa per quanto riguarda la dignità delle persone con disabilità. Uno sconcerto che ha portato il Movimento Apostolico Ciechi a inviare una lettera aperta alla Cei e al Governo per richiedere una modifica della normativa. «Parlare di “luoghi appositi” o dell’idea di prevedere, per le persone con disabilità “ambienti separati”, “percorsi speciali” appartiene ormai a un passato lontano – si legge nella missiva, a cui non è ancora seguita risposta -. È, invece, da tempo nel comune sentire ritenere che la dignità di persona appartiene a tutti, nessuno escluso, e che le persone con disabilità sono cittadini a tutti gli effetti, membri a pieno titolo della comunità ecclesiale. È ormai pacifico che tutte le comunità sono chiamate a essere accoglienti, aperte alle differenze, in una parolainclusive. Ogni norma riguardante le persone con disabilità deve cosìtendere a garantire le pari opportunità evitando sia privilegi sia soluzionighettizzanti. Tale è, invece, quella prevista dal punto 1.8 del protocollo: il “luogo apposito” è una discriminante che esclude palesemente le persone con disabilità dal resto della comunità dei fedeli».

Alla lettera fa eco Nicola Ferrando, vicepresidente del gruppo della Diocesi di Vicenza del Movimento Apostolico Ciechi. «In questo protocollo si fa riferimento a spazi appositi, come se fossero recinti. Le norme di sicurezza adottate a causa dell’emergenza sanitaria sono valide per chiunque a prescindere dalla disabilità o meno – dice Ferrando –. Le necessità di un disabile per vivere appieno il culto, come la mancanza di barriere architettoniche per chi ha difficoltà motorie o la possibilità di seguire la messa tradotta nella lingua dei segni per un non-udente, non hanno nulla a che vedere con le disposizioni conseguenti al Covid-19. E allora che senso ha parlare adesso di “luoghi appositi”? Perché far passare l’idea che i disabili debbano occupare uno spazio diverso dagli altri fedeli? – chiede Ferrando -. Abbiamo apprezzato, invece, le parole del nostro Vescovo che nelle indicazioni alla Diocesi per la ripresa delle celebrazioni con il popolo scrive “si abbia un’attenzione particolare per le persone con disabilità”. Quella utilizzata da Pizziol è una modalità completamente diversa di relazionarsi con le persone disabili, che ne riconosce le problematiche ma senza considerarle una categoria da relegare in luogo a sé stante o da isolare».