«Non ci sono ostacoli teologici o biblici ai “viri probati”»

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“Non vedo nel celibato il problema più grosso. Il problema è la nostra incoerenza, le nostre infedeltà, gli scandali, la mancanza di santità che diventano un ostacolo affinché i giovani possano seguire questo cammino”. Così mons. Wellington Tadeu de Queiroz Vieira, vescovo di Cristalândia, in Brasile, ha affrontato il tema dei “viri probati”, durante il briefing del 16 ottobre sul Sinodo per l’Amazzonia. “La mancanza di ministri ordinati non è un problema solo dell’Amazzonia, ma anche di altre regioni del mondo”, ha fatto notare il presule citando come esempio la progressiva riduzione del numero di sacerdoti in Europa.

Per quanto riguarda l’ordinazione sacerdotale di uomini sposati, in merito alla quale ci sono “opinioni divergenti” al Sinodo, “biblicamente o teologicamente non esiste un ostacolo affinché la Chiesa, in un determinato momento storico, prenda tale decisione”.

“Come ripete il Papa, bisogna avvicinarsi alle persone, acquisire l’odore delle pecore”, ha proseguito Vieira: “Molte volte noi non trasmettiamo il profumo di Cristo, siamo annunciatori di noi stessi con comportamenti che spesso allontanano le persone da Gesù”. Di qui la necessità “di un cammino di santità, di conversione: prima di pensare a quello che gli altri dovrebbero cambiare, pensiamo a come dovremmo cambiare noi”. Altro versante su cui lavorare, secondo il vescovo, è “la cattiva distribuzione dei presbiteri a livello territoriale”: “La mancanza di sacerdoti – la tesi di Veira – potrebbe essere mitigata, se ci fosse una distribuzione migliore. In America Latina, ad esempio, c’è un’abbondanza di vocazioni, ma anche una difficoltà ad andare nelle zone di frontiera”.