Gli anziani del mio paese dicevano che «chi va a letto con i bambini si sveglia con il letto pisciato». Si tratta di saggezza popolare che dovrebbe far riflettere, non tanto ex post sul fatto che poi si rischia di dover lavare tutte le lenzuola, sperando che il materasso non sia da buttare, quanto ex ante sulla scelta opportunamente ponderata di mettersi nel letto alcuni bambini che è risaputo abbiano l’abitudine di farla fuori dal vasino. Il fatto è, poi, che se ci si corica troppo vicini a quel bambino, la pipì finisce per inzuppare anche il pigiama di chi gli sta accanto, chi ha deciso di metterlo lì, assumendosene la totale responsabilità.
Ma veniamo al punto, cercando di capire chi ha fatto la pipì e chi si è svegliato bagnato.
La notizia è passata un po’ in sordina, ma qualche giornale di parte ha voluto sottolineare quella che è, nei fatti, una vittoria di Pirro per gran parte dell’esecutivo attuale, che, vale la pena ricordarlo, ha incredibilmente messo insieme, come il vituperato arcobaleno, foriero ormai di ogni tipo di sfiga, tutte le forze politiche del nostro Paese dall’asse rosso/azzurro (PD e Forza Italia) a quello giallo/verde (M5S e Lega).
Andiamo per ordine: sabato 10 aprile è andato in scena a Catania, nell’aula bunker del carcere di Bicocca l’udienza preliminare per la richiesta di rinvio a giudizio per il leader della Lega (già Nord) Matteo Salvini, il quale nel luglio del 2019 aveva impedito in qualità di Ministro dell’Interno del governo di Giuseppe Conte alla nave Gregoretti della Guardia Costiera, non di quelle delle comuniste ONG capitanate dalle femministe Carola Rackete e Pia Klemp, di far sbarcare 116 migranti (15 minori vengono fatti scendere subito), raccattati nel Mar Mediterraneo.
In seguito, il sodalizio, nato nelle migliori intenzioni, tra Conte e Salvini non va a buon fine, dal momento che a quest’ultimo balena in mente di sbarazzarsi con un colpo di coda dei gialli e di virare verso le sfumature degli azzurri, ma si fa male i conti, piagnucola, ritorna sui suoi passi, propone l’improponibile (Di Maio premier), ma ormai i gialli ne hanno le scatole piene e lo scaricano.
Nel settembre 2019 Giuseppe Conte si guadagna l’incarico di formare un nuovo governo, dimentica i leghisti e corteggia il PD, che, non si sa se per un nobile principio di inclusione e/o per meretricio politico, inevitabilmente accetta, generando malumori nella frange più destrorsa del M5S che aveva raccattato voti anche da CasaPound.
Dopo il cambio di passo della maggioranza, il Presidente del Consiglio si toglie qualche sassolino dalla scarpa e, in seguito alla decisione del Senato il 12 febbraio 2020 – determinante è il parere del M5S – di esprimere parere favorevole alla richiesta di autorizzazione a procedere noi confronti dell’ex Ministro dell’Interno, decide si sputtanare il 10 aprile 2020 i suoi ex compari Salvini e Meloni in conferenza stampa in piena pandemia a reti unificate: è il momento più alto della crisi coniugale giallo/verde.
Si badi bene che lo stesso M5S, quando il sodalizio era ancora in piedi, il 19 febbraio 2019, si era ritrovato a decidere analogamente in Senato per l’autorizzazione a procedere nei confronti del recidivo Salvini per lo stesso reato di sequestro di persona contestato questa volta dalla Procura di Palermo in merito alla nave Diciotti, ma in quel caso il M5S l’aveva salvato, così come si fa giustamente quando un parlamentare viene accusato, giacché l’immunità non si nega a nessuno, nemmeno a chi scambia ingenuamente un’avvenente e intraprendente minorenne per la nipote di un capo di Stato straniero.
Sabato scorso, tuttavia, il Pubblico Ministero di Catania Andrea Bonomo in merito alla questione della nave Gregoretti chiede il “non luogo a procedere” perché ritiene che il fatto non costituisca reato, ma soprattutto che, e questo merita la nostra attenzione, Salvini non ha agito da solo, ma era piena espressione del governo, quello giallo/verde, che ne condivideva le posizioni.
Ora, non è il caso di mettere in questione il meccanismo dell’immunità e delle vendette personali che si consumano nella politica tra i meandri delle legittime pratiche costituzionali, ma ciò che possiamo fare è esprimere un giudizio politico sulla vicenda che a noi appariva dal punto di vista giuridico di una chiarezza diafana sin dall’inizio.
Era, in sostanza, evidente già dal 19 febbraio 2019, in relazione al blocco dello sbarco di 177 migranti della nave Diciotti, che la linea del governo giallo/verde fosse concorde nel non volersi assumere la responsabilità e l’onere del soccorso di uomini e donne in difficoltà e ciò è dimostrato non solo dal fatto che poi saranno la CEI, l’Albania e l’Irlanda a prendersene cura, ma soprattutto dal fatto che poi in Senato il M5S vota contro l’autorizzazione a procedere.
È piuttosto lapalissiano, per analogia a prova di eserciziario da scuola dell’infanzia, che l’atteggiamento del governo nel caso dello stesso provvedimento emesso dal Ministero dell’Interno, che è secondo la Costituzione un dicastero del governo italiano, nel luglio 2019 nel caso della nave Gregoretti dovesse essere di piena condivisione, come conclude il PM Bonomo.
Ecco, semmai, dal “non luogo a procedere” giudiziario nei confronti del solo Matteo Salvini, il tapino che ha fatto la pipì, avremmo voluto che i mezzi di comunicazione mettessero più enfasi sulla necessità del “luogo a procedere”, prettamente politico, nei confronti di quella multiforme ameba politica priva di spina dorsale che è il Movimento 5 Stelle, che si è svegliato con il letto pisciato, ma destinato a diventare purtroppo, giammai a livello ideologico, bensì esclusivamente per giochi di alleanze, la nuova e centralissima Democrazia Cristiana.
Il punto, però, è che probabilmente non conviene a nessuno mostrare il lenzuolino bagnato, perché è fin troppo chiaro che ormai il M5S costituisce l’ago della bilancia fondamentale per creare governi di colore giallo/bianchino/arancio/scarlatto oppure giallo/azzurro/verdastro/neretto, tertium non datur.
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a cura di Michele Lucivero
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