In questi giorni si possono leggere i commenti di vari politici vicentini sulle dichiarazioni della presidente di Confindustria Vicenza, Laura Dalla Vecchia, che lamenta la mancanza di personale e la difficoltà, quindi, di assumere gli addetti necessari.
Questo è un problema che viene spesso messo in risalto in contrapposizione a una crescente disoccupazione. Un problema che ha svariate cause e che, difficilmente, può essere esteso a tutti i settori in ogni parte d’Italia. In questi giorni è stato utilizzato da politici nostrani per iniziare una specie di contenzioso sugli ammortizzatori sociali e in particolare sul reddito di cittadinanza. Questa attitudine di molti politici di individuare una causa che si reputa decisiva e parlare a slogan è una deviazione rispetto all’analizzare il problema ricercando le vere cause della situazione denunciata dal presidente di Confindustria vicentina e senza porsi alcune domande. Per fare un esempio, non sarebbe, forse, utile domandarsi perché il modello produttivo sia così poco recettivo da non stimolare giovani e meno giovani a farsi assumere. Forse le condizioni offerte per le assunzioni non vengono considerate adeguate? Perché? Forse le retribuzioni proposte sono inadeguate? Oppure sono i posti di lavoro offerti a prevedere spesso assunzioni temporanee e precarie? Sono, forse, gli orari di lavoro ritenuti troppo pesanti? O questa indifferenza all’offerta di posti di lavoro è dovuta alla combinazione di vari elementi ritenuti penalizzanti e inadeguati?
È a domande di questo genere si dovrebbe rispondere, cercando soluzioni che ostacolassero la “fuga” di lavoratrici e lavoratori all’estero o verso l’inattività.
Credere, anzi far credere, che il problema della carenza di personale sia il reddito di cittadinanza o la pigrizia di chi non lavora (e magari vorrebbe farlo) è fuorviante. Una facile scusa propagandistica che è la stessa che viene tirata fuori periodicamente: i lavoratori, specie se giovani, sono “choosy”, sfaticati, fannulloni … giustificazioni prive di senso che vengono ripetute da chi non sa o non vuole risolvere i problemi. La colpa della disoccupazione, per questi signori, è sempre di chi non vuole lavorare. Non è mai di chi licenzia, offre lavori precari e senza prospettive.
Viviamo in un paese dove la precarietà è la forma più diffusa di lavoro, dove sono state tolte normali garanzie a chi lavora, dove i diritti sono stati progressivamente cancellati, dove la cultura dominante ci fa credere che il lavoro costi troppo e che si possa (anzi si debba) lavorare senza pretendere di essere retribuiti adeguatamente e che bisogna, comunque e sempre, ringraziare il “datore di lavoro”. Le persone che lavorano sono diventate “capitale umano”. Una situazione che porta alla rassegnazione.
In un momento nel quale si assiste a centinaia di licenziamenti (dall’ABB di Marostica, alla Gianetti ruote, alla GKN di Campi Bisenzio …) sembra veramente poco realistico e anche inopportuno addossare a chi non riesce a lavorare e a chi si “accontenta” del reddito di cittadinanza (e su questo si dovrebbe discutere perché non è detto che sia la panacea di tutti i mali, anzi) le responsabilità della situazione illustrata dalla presidente di Confindustria vicentina.
Si sa, è difficile e faticoso anche solo iniziare a pensare che il modello di sviluppo nel quale viviamo si possa cambiare in maniera radicale ma, invece di puntare il dito indicando nelle “vittime” i responsabili, si provi a pensare che, forse, un sistema basato soprattutto sul contenimento dei costi e sulla logica del profitto non regge più. Né può farlo.