Novemila querele “milionarie” all’anno contro stampa e tv: solo 200 condanne. Il Fatto cita il caso Coviello – VicenzaPiù – Zonin

Contro stampa e tv - seimila archiviazioni, solo 200 condanne da Annozero ai giornali: processi infiniti (e costosi) e assoluzioni

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Coviello sempre sotto attacco da parte di Zonin (nella foto con avv. Enrico Ambrosetti)
Coviello sempre sotto attacco da parte di Zonin (nella foto con avv. Enrico Ambrosetti)

In relazione alla vicenda dellaLettera minatoria di Casellati ai colleghi de Il Fatto, solidarietà di VicenzaPiù: verremo condannati per la reazione di Travaglio?“), il giornale di Marco Travaglio dedica due pagine all’interno, di cui parte di una al fatto specifico (qui il testo), le altre due all’approfondimento del tema della libertà di stampa.

Dopo aver pubblicato il primo approfondimento (“Chi fa causa contro i giornalisti senza motivo pagherà il 25% del valore, Il Fatto: accordo M5S e PD su legge contro liti temerarie“) vi proponiamo ora quello di Gianni Barbacetto che scrive anche di noi: “Almeno un milione di euro” la richiesta di Gianni Zonin, ex presidente della naufragata Banca popolare di Vicenza: rivolta a Giovanni Coviello, direttore della testata web VicenzaPiu.com, che aveva passato ai raggi X la gestione della Fondazione Roi, di cui Zonin era presidente. Vicenda finita con il ritiro della richiesta. Ma seguita da altre due cause di Zonin contro Coviello. Per l’ultima, il giornalista è stato condannato a 8 mesi di detenzione e a pagare 5 mila euro a Zonin e a Giuseppe Zigliotto (ex presidente di Confindustria Vicenza ed ex consigliere della Popolare di Vicenza)…“.

Ecco l’articolo

Ogni anno 9 mila querele e richieste milionarie

CONTRO STAMPA E TV – SEIMILA ARCHIVIAZIONI, SOLO 200 CONDANNE DA ANNOZERO AI GIORNALI: PROCESSI INFINITI (E COSTOSI) E ASSOLUZIONI

Ogni anno, in Italia piovono sui giornalisti più di 9 mila querele. Di queste, oltre 6 mila sono subito archiviate. Poco più di 200 sono invece le condanne. Sono i dati dell’associazione “Ossigeno per l’informazione”.

“C’è una tendenza crescente alla querela facile”, dicono a “Ossigeno”. Facile perché non costa nulla, ma può ottenere subito quell’effetto intimidatorio che chi querela (di solito un potente: politico o imprenditore) spera di ottenere per mettere a tacere il cronista fastidioso.

Memorabile la richiesta di danni – 20 milioni di euro – da parte della Fiat al giornalista Corrado Formigli, allora in Rai, colpevole di aver confrontato, in un servizio per Annozero del 2 dicembre 2010, l’Alfa Romeo Mito con una Mini Cooper e una Citroën Ds. Ci sono voluti otto anni di processo per arrivare all’assoluzione. In primo grado, Formigli era stato condannato dal Tribunale di Torino a pagare 5 milioni, non solo per danni d’immagine, ma anche per il danno patrimoniale che sarebbe stato causato dal calo delle vendite della Mito, imputato al servizio di Annozero. In appello, la Corte aveva stabilito che “il comportamento tenuto dal giornalista Formigli è del tutto lecito”, che la Fiat “deve sopportare il giudizio non solo del consumatore, ma di chi intende informarlo”. Dunque la causa era “totalmente infondata”. L’assoluzione definitiva della Cassazione era arrivata nel 2018, insieme alla disposizione che fosse Fca a pagare le spese legali: “La critica di un prodotto commerciale rientra nel diritto all’informazione”.

Delle innumerevoli azioni civili e penali contro i giornalisti del Fatto Quotidiano (compreso chi firma questo articolo) vale la pena di ricordare l’accusa di diffamazione che Giuseppe Perre ha rivolto a Davide Milosa per averlo definito sul Fatto “boss”.

Perre, detto “’u maistru” è – secondo decine di atti giudiziari delle Procure milanesi e calabresi – il capo di una delle ’ndrine di Platì. Rinviato a giudizio, Milosa è stato assolto soltanto dopo un procedimento durato un paio d’anni. Ci ha messo addirittura 13 anni, invece, un altro giornalista del Fatto, Enrico Fierro, a veder riconosciuta la sua innocenza. Era stato querelato da un europarlamentare che sosteneva di essere stato diffamato in un articolo del 2006 pubblicato sull’Unità: il quotidiano ha chiuso nel 2017 e l’editore ha lasciato senza tutela tutti i suoi giornalisti. Sostenuto da “Ossigeno per l’informazione”, Fierro è stato assolto definitivamente nell’ottobre 2019. Senza tutela dell’editore e con cause da sostenere sono rimasti anche altri giornalisti ex Unità, come Sandra Amurri (oggi al Fatto Quotidiano) e la direttrice Concita De Gregorio.

Nello Trocchia, che per i suoi articoli e servizi televisivi ha subito minacce e intimidazioni, ha ricevuto una richiesta di risarcimento di 39 milioni di euro: non dai Casamonica ma dall’Università telematica Pegaso per un’inchiesta pubblicata sull’Espresso.

“Almeno un milione di euro” la richiesta di Gianni Zonin, ex presidente della naufragata Banca popolare di Vicenza: rivolta a Giovanni Coviello, direttore della testata web VicenzaPiu.com, che aveva passato ai raggi X la gestione della Fondazione Roi, di cui Zonin era presidente. Vicenda finita con il ritiro della richiesta. Ma seguita da altre due cause di Zonin contro Coviello. Per l’ultima, il giornalista è stato condannato a 8 mesi di detenzione e a pagare 5 mila euro a Zonin e a Giuseppe Zigliotto (ex presidente di Confindustria Vicenza ed ex consigliere della Popolare di Vicenza).

Un milione di euro è stato chiesto anche al giornale online La voce delle voci dalla Alliance Healthcare, azienda di distribuzione farmaceutica del gruppo di Stefano Pessina. La voce ha pubblicato nel luglio 2019 le dichiarazioni di un farmacista di Napoli in causa con il gruppo Pessina. I giornalisti denunciano lo “scopo intimidatorio, una bastonata fortissima – dicono – per evitare La voce torni su queste vicende”.