Calendar provisioning, blocco della distribuzione dei dividendi, ma soprattutto la nuova definizione di default: sono questi i nuovi regolamenti del sistema bancario europeo che Luciano Colombini, amministratore delegato di Ifis-Npl, ex BPVi uscitone più un decennio fa perché in rotta con Gianni Zonin, vorrebbe, ma non solo lui, rivedere prima che entrino in vigore il primo gennaio 2021. Ieri in Commissione d’inchiesta sul sistema bancario, si sono espressi anche alcuni componenti della bicamerale, tra cui l’on. Pierantonio Zanettin, unico suo componente vicentino.
«La nuova definizione di default – sostiene il top manager di Banca Ifis – fa considerare come in contenzioso un credito a prescindere dalla valutazione del debitore». I regolamenti, continua, «fanno riferimento a situazioni che a livello europeo sono difficili da riportare alla nostra situazione italiana: considerando, ad esempio, i tempi medi di recupero dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, i tempi medi di procedure nei Tribunali e i tempi delle procedure concorsuali». Calcolare una specificità italiana nella nuova definizione di default gioverebbe «alle banche, ma certamente a tutto il Paese, di cui le banche rappresentano il sistema nervoso dal punto di vista economico e finanziario», ricorda il manager.
I crediti verso le aziende sanitarie, ad esempio, sono sotto stress, perché in periodo di pandemia «questi soggetti devono dare risposte eccedenti rispetto ai budget» analizza Colombini, e questo aumenta la probabilità di creare crediti deteriorati.
Secondo uno studio di Assifact, infatti, il nuovo automatismo potrebbe riclassificare come deteriorate il 25% delle esposizioni verso le imprese, il 30% delle esposizioni verso amministrazioni pubbliche centrali, il 63% di quelle verso amministrazioni locali e addirittura il 94% delle esposizioni verso enti del settore sanitario. Con un impatto sul sistema creditizio italiano stimabile tra i 7,6 e i 12 miliardi di euro in termini di nuovi NPL (Non Performing Loans).
Ma lo stesso avviene anche per il calendar provisioning, osserva Colombini. La normativa europea sui crediti deteriorati, spiega, «impone di azzerare i crediti dopo un certo numero di anni, che sia garantito o meno». Anche in questo caso si tratterebbe di interventi normativi che incideranno sulla capacità di erogare nuovo credito.
È necessario quindi «intervenire in Europa per indicare come l’Italia sia penalizzata dalla prossima entrata in vigore delle novità legislative in materia di definizione di default e per il calendar provisionig». Anche perché i tempi per svalutare i crediti, incoerenti con la situazione italiana, favoriscono i fondi esteri che non sono soggetti a calendar provisioning. «Le banche sono costrette dal regolatore a svendere i propri crediti – denuncia Colombini –, e questa situazione credo sia un elemento di grande attenzione».
Un concorrente “atipico” di Banca Ifis è Amco (ex Sga spa che è stata rilevata dallo Stato da Intesa e riesumata per gestire gli NPL delle ex Popolari Venete), l’altra grande società italiana che opera nel settore della gestione e del recupero di crediti deteriorati. E alla domanda riguardante il ruolo della società controllata dal Tesoro nel mercato degli Npl – avanzata dall’on. vicentino Pierantonio Zanettin (FI) – il top manager risponde secco: «La presenza di un operatore pubblico come Amco rischia di falsare il mercato dei crediti deteriorati».
«Amco – spiega Colombini – è un ibrido tra un intervento del legislatore e un prezzo che si forma sul mercato. Se dal punto di vista del salvataggio delle banche sono favorevole al fatto che ci sia un soggetto pubblico, nel campo degli Npl, invece, questo operatore rischia di distorcere i prezzi con le sue offerte». «Quando si presenta Amco – continua – tutti gli altri spariscono, perché c’è un 20% di prezzo in più assolutamente ingiustificato».
In ogni caso, rispondendo ad una domanda del trentino Andrea De Bertoldi (FdI), Colombini ritiene una «buona soluzione» la creazione di una bad bank nazionale o addirittura europea. «Di fronte a dei grandi default – spiega – io credo sia necessario un intervento della mano pubblica». «Io sono veneto, ho visto cos’è successo con il fallimento delle due popolari di Vicenza e Veneto Banca: è stato distrutto il risparmio di migliaia di famiglie».
Un’ultima raccomandazione europea sul sistema bancario, invece, suggerisce di non distribuire dividendi: una misura alla quale la quasi totalità degli istituti bancari si è uniformato, tranne qualche eccezione. Ma secondo Colombini il blocco del pagamento dei dividendi è un danno soprattutto per le banche quotate.
«Questi piccoli aumenti di capitale coattivi – specifica il manager – , che nascono dall’obbligo di non distribuire i dividendi, sono alla lunga forieri di problemi… È fondamentale remunerare il capitale altrimenti il mercato ti penalizza e non ti seguirà mai più quando avrai bisogno di ulteriori capitali per crescere». Mettendo dei paletti prudenti provenienti dalla Vigilanza – propone Colombini – «consenti agli operatori che vanno bene di remunerare il capitale».