L’avvio della nuova piattaforma SIISL – Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa – presentata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, rappresenta una grossa innovazione tecnologica dal momento che, per la prima volta, si avrà una banca dati nazionale all’interno della quale ci saranno sia le proposte dei corsi professionali delle singole Regioni, sia le offerte di lavoro che proverranno dal mondo delle imprese.
La piattaforma, accessibile dal 1° settembre, consente agli ex-percettori del reddito di cittadinanza, e non solo, in età compresa fra i 18 e i 59 anni, di iscriversi a un corso di formazione professionale e di godere, per un massimo di 12 mesi, di un sussidio di 350 € che sarà direttamente erogato dall’INPS.
Questa iniziativa coinvolgerà diversi attori.
Innanzitutto l’INPS, che gestirà la piattaforma, verificherà i requisiti ed erogherà il sussidio agli aventi diritti. Poi ci sono i Centri per l’Impiego che, in tempi rapidi, dovranno emettere il Patto di Servizio nel quale dovranno essere indicate almeno tre Agenzie per Lavoro (APL). Queste ultime, come noto, pur essendo soggetti privati, operano in virtù dell’accreditamento con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e avranno il compito importante di incontrare i richiedenti, orientandoli verso percorsi di formazione professionale o proponendo loro delle offerte di lavoro.
Gli ultimi attori sono gli enti di formazione, che pure operano con l’accreditamento delle singole Regioni, secondo rigidi criteri, anche perché sono destinatari dei contributi economici come quelli previsti dal PNRR con il progetto GOL.
Appare evidente che, al di là dell’importante novità della piattaforma SIISL, che dovrebbe snellire e accelerare diversi processi, il cambio di passo lo si aspetta dagli enti di formazione, che hanno una grande responsabilità “sociale”, non solo nel proporre un’offerta formativa che tenga conto dei continui cambiamenti che provengono dal mondo del lavoro, ma anche perché dovranno impegnarsi, assieme alle APL, per garantire un concreto sbocco lavorativo.
In ballo non c’è tanto il mantenimento del sussidio di 350,00 euro, ma l’inserimento o il reinserimento lavorativo.
Anche le Regioni avranno un compito decisivo, poiché dovranno valutare, prima dell’erogazione dei contributi, la qualità dei progetti presentati e il reale coinvolgimento delle imprese, che poi dovrebbero avvalersi degli allievi che avranno conseguito una qualifica o una specializzazione.
Le Regioni dovranno anche adeguarsi al mercato del lavoro e rivedere con una maggiore frequenza i Repertori delle Specializzazioni che, mentre in precedenza potevano avere una cadenza anche decennale, oggi necessitano di un costante monitoraggio che, ancora una volta, dovrà coinvolgere le imprese.
Se il reddito di cittadinanza ha perso la scommessa di offrire la possibilità di inserimento lavorativo, l’iniziativa del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dovrà riuscire in questo ambizioso intento, se si vuol davvero evitare, alla fine del 2024, di ingrossare le fila dei disoccupati.