La situazione in Medio Oriente continua a essere caratterizzata da violenze e tensioni crescenti (fonte Paola Simonetti, Vatican News). Nelle ultime ore, nuovi raid israeliani hanno colpito la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, con operazioni militari mirate contro membri di Hamas nelle città di Deir Balah, Khan Younis e Tubas. Gli attacchi, che hanno causato almeno dieci morti, si inseriscono in un contesto di forte escalation militare che ha visto intensi bombardamenti anche intorno alla città di Gaza. Il bilancio delle vittime dal 7 ottobre continua a salire drammaticamente: secondo il Ministero della Sanità locale, gestito da Hamas, si contano finora 40.861 morti e 94.398 feriti .
Sullo sfondo delle operazioni militari, le trattative per un cessate il fuoco e per la liberazione degli ostaggi sono in fase di stallo. Il governo israeliano accusa Hamas di opporsi a qualsiasi accordo, bloccando i negoziati mediati a livello internazionale. L’ambasciatore israeliano all’ONU, Danny Danon, ha dichiarato che la responsabilità della mancata tregua non ricade sul governo israeliano, ma è interamente da attribuire al rifiuto di Hamas di scendere a compromessi. Tuttavia, i media israeliani riportano indiscrezioni secondo cui Israele sarebbe disposto a rilasciare fino a 800 prigionieri palestinesi in cambio di un accordo che porti alla liberazione degli ostaggi israeliani nelle mani del gruppo islamista.
Nel frattempo, Amnesty International ha denunciato duramente la distruzione illegale di abitazioni, edifici civili e terreni agricoli nella parte orientale della Striscia di Gaza da parte delle forze israeliane. Secondo l’organizzazione, l’esercito israeliano ha utilizzato bulldozer ed esplosivi per radere al suolo interi quartieri, colpendo case, scuole e moschee, alimentando così una crisi umanitaria sempre più grave.
All’interno di Israele, il malcontento della popolazione cresce. Le famiglie degli ostaggi israeliani continuano a protestare, chiedendo a gran voce un accordo con Hamas per il rilascio dei prigionieri. Le manifestazioni si concentrano davanti alle abitazioni di membri del governo, tra cui il ministro dell’Istruzione Yoav Kisch e il ministro per gli Affari strategici Ron Dermer. Le tensioni politiche interne al governo Netanyahu, già provato dalle proteste degli ultimi mesi, sono ulteriormente esacerbate dal ritrovamento di sei prigionieri israeliani morti a Gaza. Anche sul fronte libanese la situazione rimane calda: Hezbollah ha lanciato oltre 100 razzi e missili in risposta agli attacchi aerei israeliani.
Sul fronte ucraino, il presidente Volodymyr Zelensky ha annunciato un rimpasto di governo, spiegando la necessità di un ricambio generazionale e di “energie nuove” per affrontare la difficile situazione che il Paese sta vivendo (fonte Roberta Barbi, Vatican News). Tra i cambiamenti più significativi, le dimissioni del ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, il quale potrebbe presto assumere il ruolo di ambasciatore a Bruxelles. Il Parlamento ucraino, la Verkhovna Rada, si appresta a votare sulle dimissioni di Kuleba, ma si prevede che altri cambiamenti seguiranno a breve .
Sul campo, la guerra in Ucraina prosegue con intensi attacchi russi che nelle ultime ore hanno colpito duramente la città di Leopoli, nella parte occidentale del Paese, causando sette vittime, tra cui una bambina di sette anni e due giovani ragazze. Anche la regione di Sumy ha subito pesanti bombardamenti, con le comunità di Yampil e Svesy tra le più colpite. La situazione preoccupa anche in prossimità della centrale nucleare di Zaporizhzhia, attualmente sotto il controllo dei filorussi. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha riportato la presenza di uomini armati ed equipaggiamenti militari all’interno del perimetro della centrale, in violazione dei protocolli di sicurezza stabiliti per evitare disastri nucleari.
Questi due teatri di guerra, in Medio Oriente e in Ucraina, continuano a mostrare la fragilità di un mondo in cui il dialogo sembra ancora lontano, con civili che pagano il prezzo più alto in entrambe le crisi.