«Sono ancora sottopagati gli infermieri italiani, sono ancora una volta, assieme ai colleghi delle altre professioni sanitarie, vittime di una esagerata sperequazione in favore della dirigenza, oggi assolutamente ingiustificabile, alla luce, prima di tutto, di un percorso di studi che li promuove da tempo, di fatto, ad eccellenze, non solo come parte della mediocre e bistrattata sanità italiana, ma soprattutto della certo più brillante realtà europea, dove rimangono tra le figure più ambite e ricercate, innescando una fuga all’estero di giovani che trova piena giustificazione nella triste situazione attuale di casa nostra.
I dati 2020 del Conto Annuale della Ragioneria dello Stato, in relazione alla situazione degli stipendi degli infermieri e degli altri professionisti sanitari italiani, vanno letti con estrema attenzione.
Il personale sanitario, che ha dimostrato come non mai valore e competenza proprio sul campo, durante i picchi dell’emergenza pandemica, ma soprattutto gli uomini le donne che hanno pagato maggiormente in termini di contagi e di perdite di vite umane, quale reale situazione vivono oggi?
A che punto è l’indispensabile processo di valorizzazione dei nostri infermieri?
A cosa hanno condotto, di fatto, le strenue battaglie che hanno portato nelle piazze sindacati come il nostro, che hanno permesso di ottenere piccoli traguardi come l’indennità di specificità?
E’ lecito chiederselo, dice Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Sindacato Nursing Up.
«Soprattutto sono proprio i numeri, come quelli dell’aggiornato Conto Annuale della Ragioneria dello Stato, a fornirci elementi sufficienti di riflessione e analisi, doverosi per le categorie che tuteliamo e per la collettività tutta, quella della quale ci prendiamo cura ogni giorno nelle corsie degli ospedali.
Le cifre, sostiene De Palma, raccontano innanzitutto di una voragine ancora esistente tra le retribuzioni del personale infermieristico e quelle della dirigenza del SSN.
Laddove tanti, tantissimi paesi europei hanno quanto meno ridotto al minimo questa disparità, l’Italia pare essere rimasta indietro anni luce.
34mila euro circa è la media di uno stipendio, lordo, di un professionista infermiere italiano, si ricordi laureato, circa 78mila invece è la media di quanto percepisce un medico in Italia: insomma un inspiegabile abisso, che pur ammettendo una normale forma di differenziazione tra qualifiche, raggiunge importi che non trovano assolutamente giustificazione, alla luce della riconosciuta competenza e nel ruolo indispensabile degli infermieri in tutti gli aspetti della tutela del malato, fuori e dentro le realtà ospedaliere.
Se però pensate che queste siano le cifre peggiori del report della Ragioneria dello Stato, allora vi sbagliate di grosso, denuncia De Palma.
Ebbene leggiamo che la media dello stipendio infermieristico è oggi di 1780 euro.
Cosa succede? Siamo di fronte ad un aumento dei nostri salari?
Tutt’altro, la situazione, se riflettiamo, è addirittura peggiorata.
Pensiamo all’aumento spropositato del costo della vita con una inflazione da record che ci morde alle gambe come la peggiore delle murene.
Pensiamo ai rincari energetici e all’aumento dei beni di prima necessità.
Ma soprattutto analizziamo il fatto che all’interno di questi 1780 euro dovrebbero essere contenute anche le cifre relative ai cosiddetti premi, che certo non vanno a tutti, o per lo meno a tutti in egual modo, e ci sarebbero addirittura anche le ore di straordinario che gli infermieri vengono chiamati a svolgere, obbligatoriamente, al di fuori dal loro orario di lavoro ordinario e che, alla luce di una carenza di organico strutturale di 80mila unità, raggiungono cifre spropositate.
Orbene, se tutto questo è confermato, prosegue De Palma stizzito, può ancora dirsi che lo stipendio netto “ordinario” di ogni infermiere italiano, o quello di un altro professionista sanitario non medico, raggiunge 1780 euro?
E se già poco più di 1700 euro netti di stipendio medio sono davvero pochi rispetto al costo della vita attuale, proviamo a immaginare quale sia la condizione di quelle migliaia di colleghi che gli straordinari non li fanno. Altro che 1700 euro al mese…
Davvero qualcuno osa ancora chiamare valorizzazione questa perversa dinamica?
Vogliamo chiederci come mai solo il 75% degli iscritti al corso di laurea in infermieristica porta a compimento l’arduo traguardo?
Eppure, tra fughe all’estero di giovani colleghi e addirittura dimissioni volontarie, siamo di fronte ad una professione che perde costantemente appeal agli occhi delle nuove generazioni.
Abbiamo bisogno davvero di tutto questo, alla luce del rinnovato fabbisogno di personale sanitario?
Come affronteremo la ricostruzione della sanità italiana senza gli infermieri?
Tutti, nessuno escluso, dovremmo porci queste domande, in primis quei politici che si accingono a candidarsi per assumere le responsabilità della prossima legislatura, perché, mentre da una parte non potremmo mai immaginare un Paese senza infermieri (forse solo nei nostri peggiori incubi), dall’altra non potremmo nemmeno pensare di andare avanti a lungo con una sanità dove, i pochi infermieri che ci sono, si ritrovano inesorabilmente vittime del sistema, scontenti e sottopagati, senza dimenticare che c’è qualcuno, e i fatti di cronaca ne danno la triste testimonianza, che pensa bene di prenderli a pugni quasi ogni giorno!», chiosa De Palma.