L’Italia è in prima linea contro lo spreco alimentare e lo sta dimostrando da qualche anno, in particolare dopo l’emanazione, nel 2016, della Legge Gadda 166/2016, un provvedimento che punta sugli incentivi e la semplificazione burocratica per favorire l’uso consapevole delle risorse e il recupero di prodotti ancora utilizzabili (cibo e farmaci) da parte di associazioni di volontariato, nel nome di un’economia circolare.
È una delle risposte ai numeri, ancora alti, di spreco: ogni famiglia getta 84,9 chili di cibo all’anno per uno spreco, a livello nazionale, di 2,2 milioni di tonnellate e un costo complessivo di 8,5 miliardi di euro, pari allo 0,6% del Pil, secondo i dati presentati nel 2018 dal Ministero dell’Ambiente. Le ragioni dell’eliminazione del cibo, secondo il Rapporto 2018 dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market / Swg, sono intuibili: è scaduto (44%), ha fatto la muffa (41%), non ha un buon odore/sapore (39%), era stato acquistato in quantità eccessiva (36%).
Uno spreco che deve far riflettere. “Ogni giorno leggiamo di popoli che lasciano la loro terra a causa di miseria, fame, violenze, e guerre: sono i migranti che attraversano il Mediterraneo; sono le popolazioni della Siria vittime di un conflitto che sembra non avere fine – ricorda il giornalista Fabio Zavattaro in un suo scritto -. Dar da mangiare agli affamati è un’opera di misericordia, ma quanta poca misericordia c’è nei nostri giorni. Quanto poco attenti siamo al cibo”.
La Legge Gadda va letta allora come uno degli esempi capaci di incentivare il riuso e la donazione delle eccedenze alimentari attraverso semplificazioni burocratiche, sgravi fiscali e bonus per i donatori. Ma non è l’unico strumento virtuoso.
Per evitare lo spreco è necessario, oggi più che mai, educare a un approccio più consapevole all’acquisto e alla conservazione del cibo.
Fare la spesa a chilometro zero in filiere corte, per esempio, con l’acquisto di prodotti locali taglia del 60% lo spreco alimentare rispetto ai sistemi alimentari tradizionali. È quanto è emerso da un’analisi della Coldiretti dello scorso anno. Coloro che si approvvigionano tramite reti alimentari alternative sprecano meno perché i cibi in vendita sono più freschi e durano più a lungo, e perché non devono percorrere lunghi tragitti subendo le emissioni in atmosfera di benzina e gasolio. Acquistare prodotti a chilometri zero diventa, allora, un segnale di attenzione al proprio territorio, alla tutela dell’ambiente, ma anche un sostegno all’economia e all’occupazione locale. In un’espressione, una responsabilità sociale.
Nel Vicentino
Nelle scuole della provincia berica si sta sperimentando il progetto “salvamerende”. Grazie all’adesione dell’amministrazione comunale di Montecchio Maggiore al progetto “Merenda Sac” di Serenissima Ristorazione, ai bambini delle scuole dell’infanzia e primarie locali viene consegnato un sacchetto dove conservare gli alimenti non deperibili (pane, frutta, merendine) non consumati a pranzo, avendo così la possibilità di mangiarli a merenda o portarli a casa. L’azienda coinvolta nella distribuzione dei salvamerende a Montecchio Maggiore è altresì interessata nella mensa di Casa Santa Lucia della Caritas Diocesana Vicentina. A questa realtà sono, infatti, donate le eccedenze alimentari provenienti da Serenissima Ristorazione, dagli istituti scolastici con mensa interna, da panifici e pasticcerie, da supermercati che, singolarmente, donano i prodotti in più del banco gastronomia.
La mensa Santa Lucia della Caritas in questo periodo arriva a conferire pasti a circa cento persone nei giorni di apertura. Quando anche qui eccede il cibo, destinatari ulteriori sono le famiglie in difficoltà ospitate, sempre da Caritas, nelle social housing nei dintorni.
Dalle scuole alle mense ai ristoranti. È stato da poco presentato il “rimpiattino”, la scatola riciclabile, graficamente allettante, che ha rimpiazzato in undici locali della provincia di Vicenza la scatola di alluminio per portare gli avanzi del pasto a casa. Obiettivo: diffonderne la distribuzione e incentivarla.
In Italia
Nuovi stili di acquisto e di consumo, ma anche un pullulare di iniziative nazionali per abbattere lo spreco del cibo. Merita una menzione l’ultimo progetto emerso in ordine di tempo: un’app gratuita che vuole rivoluzionare il modo in cui si compra e si consuma la spesa quotidiana. Presentata l’ultimo giorno di febbraio, a Palermo, da Martina Emanuele e Giuseppe Blanca, i due giovani creatori, con Ecofood Primel’utente riceve le offerte dei punti vendita più vicini che sfruttano la piattaforma per offrire cibi e prodotti alimentari che rischiano di rimanere invenduti, perché vicini alla scadenza, in eccedenza o con difetti estetici, ma ancora edibili. Cibi e prodotti possono quindi essere acquistati a prezzi vantaggiosi con un doppio vantaggio: da un lato il consumatore risparmia sull’acquisto, dall’altro l’esercente recupera almeno il costo d’acquisto ed evita lo smaltimento dell’invenduto. Nella piattaforma è poi presente un elenco di associazioni e soggetti attivi nel volontariato per la ridistribuzione del cibo ai più bisognosi. Infine l’app memorizza la data di scadenza dei cibi e invia notifiche temporizzate per evitare le classiche dimenticanze. L’applicazione parte dalla città di Palermo in via sperimentale, ma ha già coinvolto una rete di operatori del settore alimentare e non solo, a partire dal cofinanziamento di Regione Siciliana e Presidenza del Consiglio dei Ministri.