Il 49. Festival Internazionale del Teatro della Biennale di Venezia, per il primo anno sotto la direzione di Stefano Ricci e Gianni Forte (ricci/forte), si conclude annunciando i nomi dei vincitori di Biennale College. che produrrà ogni anno nuove regie e nuovi testi, consolidando l’idea di ricerca e sostegno ai nuovi talenti.
Tolja Djokovi? e Giacomo Garaffoni sono i due vincitori del bando di Biennale College dedicato agli autori under 40. Nel corso del prossimo anno i due vincitori elaboreranno e perfezioneranno i loro testi originali – rispettivamente En abyme e Veronica – per presentarli alla Biennale Teatro 2022, in collaborazione con un riconosciuto centro di formazione teatrale, in forma di lettura scenica.
Vince il premio di produzione di Biennale College registi under 35 Olmo Missaglia con il progetto Una foresta. Sarà nel corso del prossimo anno che il neo vincitore potrà realizzare il proprio spettacolo, definendolo e sviluppandolo in tutti i suoi aspetti con il supporto dei Direttori artistici Stefano Ricci e Gianni Forte.
“En Abyme, scritto da Tolja Djokovi?, è il testo che meglio sembra affrontare l’indagine di questa edizione BLUE: l’immersione dentro noi stessi”, si legge nella motivazione dei Direttori Stefano Ricci e Gianni Forte. Continua la motivazione: “Di cosa parliamo quando parliamo di Io, quando affrontiamo un viaggio verticale sottopelle? Nel frammento presentato il titolo stesso preannuncia un inabissamento verso un fuoco che si rivela nascondere un fuoco più grande, secondo i dettami di un decostruzionismo che tende a sondare profondità che mantengono intatte i loro misteri.
La Fossa delle Marianne e il record compiuto da James Cameron con il suo sommergibile attraversano stati liminali che prescindono dalle geografie in oggetto, adottando un dispositivo drammaturgico a tre voci capaci di rivelare abissi della nostra coscienza.
Il documentario, l’occhio di una telecamera su una donna, la donna stessa si trasformano in tre bacchette rabdomantiche atte a svelare il mistero di una voragine che è presenza costante, abito che indossiamo; cogliendo, in questa prima escursione, lo spirito di un baratro (troppo spesso dimenticato a favore di una sciocca rappresentazione di un Sé sociale inutile quanto dannoso).
La lingua delle tre voci è precisa, potente, chirurgica e impietosa, abile a radiografare con estrema cura ogni meandro della percezione.
La spedizione del DeepSea Challenger nel 2012, il corpo/grotta della protagonista, l’occhio distaccato della telecamera – che registra impietosa la depressione oceanica della vita intorno e malgrado noi – diventano le rotaie sulle quali il lettore slitta via lacerando i paramenti di una esistenza conosciuta e illuminando a giorno recessi mai affrontati.
L’inattesa struttura ad effetto Droste rimette in discussione le nostre certezze in termini di esposizione del Reale, regalandoci la speranza di una scrittura necessaria che ridisegni lo spazio scenico con una biologia teatrale che scinda il DNA di un verbo e di uno sguardo consunto in una nuova genetica espressiva.
Siamo ciò che riusciamo a far emergere di noi stessi o quello che qualcuno riesce a scorgere osservandoci a distanza? È l’Altro da noi a rivelarci o la missione passa imprescindibilmente attraverso una volontà individuale di affondare?
Tolja Djokovi? cesella i primi tratti di un impianto drammaturgico e di una lingua con possibilità di significato inaudite, viaggiando come una sonda nel bisogno, riportando alla luce tutto ciò che di noi non sapevamo aver smarrito”.
Recita la motivazione dei Direttori Stefano Ricci e Gianni Forte (ricci/forte) a proposito di Veronica di Giacomo Garaffoni: “Senza alcun frinire retorico, Giacomo Garaffoni con Veronica vince il Bando College Autori under 40 per la feconda capacità di infiammare l’immaginazione, scavare nella salina del senso e creare spazi di visione in cui è ancora possibile entrare aprendo porte inconsuete. Siamo nelle fauci dell’Oggi e Veronica è una roca elegia.
Durante un’orazione funebre, sopravvissute alla guerra con la realtà, pietrificate in una perenne vigilia di battaglia con la vita, undici spose, non più appartenenti a un tempo o a un’epoca e brancolanti nel pozzo bleu dei ricordi, vengono risucchiate da un’ondata d’umanità empatica condivisa. Solo dopo essere passate per le strettoie della morte di una di loro, Veronica, riusciranno finalmente a rinascere al fuoco di un’esperienza drammatica nata senza preavviso, a ritrovare il magico equilibrio e le traiettorie intercostali perdute, lanciandosi anche loro le scarpe dietro la schiena per correre, spalancando le mani per accogliere un nuovo Eden di possibilità infinite e formare un’identità familiare altra.
Con Veronica il drammaturgo e artista visivo cesenate fa un’analisi dell’esistenza nelle sue derive più crudeligettandoci tutto in faccia per essere visto nella sua brutale dolcezza; intercetta il senso profondo di quanto stiamo vivendo, non sottomettendosi ai venti convenzionali e raccontandoci una fabula insipida ma inventando una complessa geografia di corpi; punta il suo telescopio su una polveriera emotiva in cerca di scintille per deflagrare trasformandola in un affresco collettivo di una tragedia classica contemporanea, le cui radici sono sotterrate sotto le pietre del Mito e degli archetipi, accanto alle ferite della terra; prende il largo per attraversare rarefatti paesaggi della mente; canalizza il dolore in una dimora trepidante dell’attesa – allo stesso tempo corona di spine e consolazione –, un’agorà di democrazia dove i pensieri delle undici donne si affollano, si rincorrono come Baccanti nel vuoto di una stanza di luce e penombra, mentre un corollario di respiri rimane. Giacomo Garaffoni, utilizzando così l’unica sorgente inesauribile, quella della parola poetica, la contamina, ibridandola con differenti alfabeti, codici e forme espressive. Una lingua ipnotica che tesse una tela in cui i fili della compassione s’intrecciano a quelli di un silenzio mistico che ha la potenza di una diga rotta. Un fragore di parole urgenti che, travolte come “nella bufera infernal che mai non resta” di dantesca memoria, s’inchiodano inesorabilmente nella carne di ciascuno di noi”.
Così scrivono, infine, i Direttori della Biennale Teatro motivando il premio di Biennale College registi under 35 a Olmo Missaglia, che ha presentato un frammento di Una foresta: “L’indagine vuole fotografare, e sembra riuscirci con uno sguardo poetico puro e inatteso, la destabilizzazione di una generazione di trentenni che, privata del sogno, vive sul filo dell’incoerenza tra un passato non vissuto ed un futuro che sembra non lasciare alcuna indicazione di tragitto.
Lingue differenti, sbandamenti-specchio ad ogni latitudine, si intrecciano all’intrico di rami di un luogo mentale dove i quattro esploratori sembrano addentrarsi per trovare scampo a quel senso di crescita sul Vuoto; trovare nutrimento attraverso una riedificazione immaginativa che possa diventare possibile chiave di lettura del Reale.
Con fraseggio simbolico e sospeso l’autore riesce a disegnare quei perimetri liminali, da dormiveglia, dove il sorriso ironico di una esistenza surreale riesce ad allargare le maglie di un ordito consunto da una società colonizzatrice: i quattro pionieri (Michele De Luca, Romain Pigneul, Mizuki Kondo e lo stesso Missaglia) diventano improvvidi elfi da sottobosco, eppur cittadini di una nuovo Mondo alla rovescia, che riescono a fondersi in una lingua comune, proiettandosi in situazioni leggere (curate drammaturgicamente da Médéa Anselin) dove si percepisce feroce il buio tra le foglie di una maturità impietosa pronta a spazzare via un lirismo magico alla Buzzati; dove una fila di caramelle colorate può ancora diventare la pista di decollo per fuggire via dal labirinto del Minotauro.
Dimostrando, così, che nuove tecniche fantastiche di racconto possano abitare lo spazio scenico sfuggendo agli echi di un sociale omologante, anche espressivo, a favore di un alfabeto nuovo, Altro, e di una selva reale (nella sua immaginifica, beckettiana e dolorosa edificazione) da abitare senza indugi in quello zirlare di suoni e lemmi sconosciuti tra loro ma che insieme compongono una cordata orchestrale risolutiva: l’evocazione di una geografia teatrale del Possibile”.
Venezia, 17 luglio 2021
Cenni biografici
Tolja Djokovi? (Orbetello, 1988) – Drammaturga, regista e insegnante di lettere, Tolja Djokovi? firma i suoi lavori per il gruppo teatrale tostacarusa, ovvero “ragazza tenace”, nato con Aura Ghezzi attorno al progetto Quirk of fate, per diventare poi un laboratorio di sperimentazione e intrecci linguistici.
Come drammaturga, scrive e interpreta con il collettivo Branco Atlante Grammatica Bestiale § 1: Moloch Ceresianum(2019);Movimento 3: Teresa e la Nnotte composto per NNORD Paralipomena e parerga, ciclo di letture presentato da Roberto Latini al Festival Kilowatt di Sansepolcro (2020); un episodio di Hotel Blue Moon, radiodramma diretto da Roberto Latini (2021); L’ombra delle fanciulle, inserito nello spettacolo Per la città dolente, ancora con la regia di Roberto Latini (2021). Ha appena concluso una residenza artistica nell’ambito del progetto Mediatori del reale – Dramaturg fra teatri e città (Emilia Romagna Teatro Fondazione).
Ha lavorato come attrice per le compagnie Fanny&Alexander e Menoventi, e nel 2019 è stata assistente interprete per The night writer. Diario notturno, regia di Jan Fabre, presentato al Teatro D’Arte, FOG Triennale Milano Performing Arts.
Giacomo Garaffoni (Cesena, 1981) – Autore, regista e artista visivo, attivo in Italia ed Europa con diversi gruppi teatrali (Teatro Valdoca, Societas Raffaello Sanzio, Romeo Castellucci, Silvia Costa e altri). Nell’ultimo anno concentra il suo lavoro di autore e regista sul progetto “Voglio soltanto le ossa” sostenuto da ERT – Emilia Romagna Teatro e patrocinato da Penelope Onlus e We Reading, opera teatrale e letteraria sulla oscura vicenda di Cristina Golinucci, ragazza scomparsa fuori da un convento nel 1992 senza lasciare alcuna traccia. Garaffoni ha di recente fondato il collettivo Indocile (con l’artista Michele Ambroni e la scenografa Sofia Rossi) che ha debuttato col progetto tra arti visive e performance Cassandra, il diritto di parlare(produzione Comune di Cesena, FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano) a cui viene conferito il Premio Giovane Arte Contemporanea 2020 dalla Regione Emilia – Romagna. Collabora inoltre come seminarista con l’Università di Bologna.
Olmo Missaglia (Lecco, 1991) – Dopo la laurea in arti visive e teatro allo IUAV di Venezia, Olmo Missaglia ha conseguito un diploma in regia e scenografia all’Institut National Supérieur des Arts du Spectacle di Bruxelles (INSAS).
Ha curato la drammaturgia di EXTREME/MALECANE di Paola Pisciottano debuttando al Festival Emulation 2021 (Théâtre de Liège) ed è stato assistente alla regia per Dernie?re Re?colte e Ravachol di Axel Cornil, Finis ton assiette! di Sara Amari, spettacoli presentati negli spazi di MARS a Mons.
Ha realizzato il suono per HOME, morceaux de nature en ruine di Magrit Coulon, che ha debuttato al Festival de Liège 2020 e parte della programmazione del Théâtre des Doms al Festival OFF di Avignone 2021.