Omelia del Patriarca Francesco Moraglia: Messa nella Pasqua di Risurrezione del Signore

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Omelia di Pasqua del Patriarca Francesco Moraglia
Omelia di Pasqua del Patriarca Francesco Moraglia

Carissimi, buona e santa Pasqua a tutti. Subito un pensiero affettuoso va a chi vive questa festa all’interno della tragedia della guerra che, ogni giorno, sgomenta sempre più per il male che tira fuori dal cuore degli uomini.

Nelle parole della sequenza è contenuto il senso della festa odierna, che è il cuore della fede cristiana: “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa”.

Gesù crocifisso è risorto e, in Lui, davvero la vita ha sconfitto la morte, la luce ha scacciato le tenebre. Questa è la buona notizia di Pasqua.

I cristiani orientali, incontrandosi, nel giorno di Pasqua si salutano dicendo: “Il Signore è risorto!”. E la risposta è: “Davvero è risorto!”. La Pasqua è una realtà, anzi la realtà per eccellenza!

In questa Pasqua viviamo il dramma della guerra. Questa tragedia accresce, in noi, il bisogno e la nostalgia di pace, di perdono, di riconciliazione nel rispetto della giustizia e del diritto dei popoli, distinguendo chi è l’aggressore e chi è stato aggredito. Siamo vicini soprattutto con la preghiera a chi piange morte e distruzione per le atrocità di una guerra crudele che si combatte nel cuore dell’Europa, a poca distanza da noi, e che lascerà ferite indelebili nelle future generazioni. Sgomenta pensare ai bambini, agli anziani, ai malati, alle donne.

La lettera ai Colossesi ci ricorda che quando Cristo, la nostra vita, sarà manifestato, allora anche ogni uomo sarà con lui nella gloria (cfr. Col 3,4). Preghiamo perché questo avvenga anche nella martoriata Ucraina. Sì, Cristo risorto è la vera vita e per indicare questa sua nuova modalità d’esistenza si utilizza il verbo (φανερόω) manifestare, apparire, mostrarsi.

La fede in Gesù Cristo ha il suo inizio a Pasqua; quel giorno dopo il sabato dell’anno 30 d.C. si dà il nuovo inizio, attraverso l’improbabile, con la morte che è sconfitta dalla vita.

La lettera ai Romani ci dice che “la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” (Rm 10,17).

In altri testi del Nuovo Testamento, come le lettere pastorali e gli scritti dell’apostolo Giovanni, invece, si presenta la fede come conoscenza, visione, sapienza.

I discepoli a Pasqua diventano uomini nuovi perché comunicano con Dio in modo nuovo. Dopo la risurrezione di Cristo, si rivolgono a Gesù come al Signore e riconoscono, nel loro Maestro, il vincitore della morte.

La fede cristiana si presenta così come una manifestazione, il compiersi del disegno di Dio in Cristo. La lettera ai Colossesi proclama: “Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria” (Col 3,4).

Dio si fa quindi presente, in modo definitivo, in Gesù risorto e tale presenza dona alla storia – anche alla nostra, di oggi – ciò di cui la storia ha più necessità.

Guardiamo ai discepoli e alla loro trasformazione. Prima della risurrezione sono spaventati, incerti, piegati su di sé, vivevano una vita dimezzata fatta di timori e insicurezza. Sono proprio gli incontri col Risorto che li cambiano. E la Chiesa – la comunità di coloro che credono in Gesù risorto – nasce il giorno di Pasqua ed è l’incontro col Risorto che li rende sicuri e dona loro grandezza d’animo e forza inaudita. Sicurezza, grandezza ma, anche, una bellezza incomparabile; così diventano nuove creature.

Il grande messaggio della Pasqua sarebbe impossibile se dipendesse dagli uomini; esso va ricercato nel Cristo risorto, nella Chiesa che è la comunità di quanti credono nella Pasqua e ne vivono la realtà, attraverso la virtù della speranza cristiana.

Sì, gli antichi Padri paragonano la Chiesa alla luna che brilla di luce riflessa e, così la Chiesa non ha una sua luce propria ma riflette quella di Cristo risorto, suo sposo.

La comunità ecclesiale si caratterizza come segno reale ed efficace di Cristo. La comunità in cui si rende presente il Cristo attraverso la fede dei discepoli; la loro fede, speranza e carità è luogo manifestativo di Cristo.

Nell’annuncio della Chiesa non si annuncia solo una vicenda accaduta duemila anni fa in Palestina. Gesù risorto è l’annuncio di oggi, 17 aprile 2022; un evento che va oltre la storia anche se non prescinde dalla storia, perché proclama Gesù morto e risorto come il Vivente, ossia Colui che vive sempre.

La prima lettera ai Corinzi lo afferma: “Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture… fu sepolto… è risorto il terzo giorno secondo le Scritture… apparve a Cefa e quindi ai Dodici” (1Cor 15,3-5). Mentre la passione, la morte e la sepoltura di Cristo sono eventi legati al passato e conclusi in quel passato, la risurrezione, invece, continua e tocca il presente e il futuro: “è risorto”.

“Annunciamo la tua morte, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”, sono le parole che ripetiamo ad ogni celebrazione eucaristica

Dove incontriamo il Risorto? Lo incontriamo nella Chiesa, la comunità dei discepoli; grande, quindi, è la nostra responsabilità di credenti. Ritorniamo all’episodio dei discepoli di Emmaus che incontrano Gesù (Lc 24,13-35): nelle Scritture che Lui spiega a loro e nel gesto eucaristico c’è la Pasqua percepita e vissuta dalla Chiesa.

Nella lettera ai Colossesi il Figlio viene presentato come Colui “per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra… Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono”.

E ancora la lettera continua e delinea Cristo come “il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli” (Col 1,14-20).

Gesù salva e riconcilia l’umanità che si era allontanata da Dio a causa del peccato, ossia voler costruire un progetto in cui Dio fosse messo da parte e sostituito dall’uomo (il peccato originale). Mentre nel progetto di Dio noi siamo il frutto della creazione di Dio e siamo legati a Cristo, perché tutto è stato fatto “in Lui”, per mezzo di Lui e in vista di Lui”.

Cristo non prescinde dagli uomini e dal creato e, così, noi uomini, siamo co-predestinati in Cristo. Tutto, quindi, ci viene donato e si chiarisce, nella fede, il giorno di Pasqua!

La liturgia della Chiesa oggi ci fa proclamare nel canto: “Alla vittima pasquale, s’innalzi oggi il sacrificio di lode. L’Agnello ha redento il suo gregge, l’Innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre” (dalla Sequenza di Pasqua).

Il Vangelo (Gv 20,1-9), infine, ripropone la corsa di Pietro e Giovanni al sepolcro; qui si dà l’inizio della Chiesa. Nel sepolcro vuoto, nell’entrare titubante timoroso e insicuro da parte di Pietro e Giovanni, si dischiude una vita nuova – quella degli Apostoli e della Chiesa nascente – che sarà confermata dalle apparizioni del Risorto.

Se noi non percepiamo più la grandezza e l’essenzialità della risurrezione, come realtà che ci coinvolge e cambia la nostra vita, rimaniamo ancora come i due discepoli di Emmaus chiusi nelle loro paure e certezze umane che precludono il mondo della Pasqua.

“Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria” (Col 3,4). La manifestazione ultima e definitiva di Cristo, la sua venuta alla fine dei tempi, non sarà altro che la manifestazione piena e definitiva dell’evento odierno, celebrato nella fede pasquale. Sarà l’entrare nella Pasqua da parte di tutto il creato, l’esplicitarsi della Pasqua nella storia.

Buona Pasqua a tutti!

Patriarca di Venezia Francesco Moraglia