Omicidio Fioretto, Corriere: “Collegamento con l’omicidio Klinger a Milano nel ’92”

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Cold case Fioretto-Begnozzi omicidio Vicenza (foto Francesco Dalla Pozza) Umberto Pietrolungo klinger
A terra a destra il corpo dell'avv. Pierangelo Fioretto, a sinistra quello della moglie Mafalda Begnozzi (foto Francesco Dalla Pozza)

Un asse tra le procure di Vicenza e Milano sul quale collocare due omicidi a caccia di una comune matrice: da un lato, quello berico, il duplice omicidio di Pierangelo Fioretto e Mafalda Begnozzi, risalente al 1991 e per il quale – come abbiamo ampiamente scritto da queste pagine – è stato arrestato il calabrese Umberto Pietrolungo. Dall’altro, l’omicidio di Roberto Klinger, diabetologo noto per essere stato medico sociale dell’Inter, avvenuto nel 1992 a Milano.

Sarebbe in particolare la pistola usata e rinvenuta sulla scena del crimine vicentino che gli inquirenti considerano un possibile elemento comune. Su Il Corriere della Sera, Andrea Pasqualetto e Andrea Priante scrivono: “L’indizio forte è l’arma, molto particolare: una Molgora calibro 7.65. Si tratta di una pistola giocattolo modificata attraverso la sostituzione della canna originale in modo che possa sparare. Nel delitto Fioretto entrambe le Molgora usate dai due killer erano state ritrovate: una vicino al luogo del delitto, l’altra sull’argine del Bacchiglione.

Quanto a Klinger, che tra l’altro venne ucciso il giorno dopo l’arresto di Mario Chiesa (il primo di Mani Pulite), fu la perizia balistica firmata da Pietro Benedetti e Domenico Sarza a individuare l’insolita arma. Sul punto Benedetti, grande esperto della materia deceduto il mese scorso, era intervenuto così: «Abbiamo ritenuto fortemente probabile che l’omicidio sia stato compiuto con una Molgora alla quale è stata sostituita la canna per poter sparare cartucce calibro 7.65 Browning. Alcuni omicidi in Lombardia e in Sud Italia sono stati commessi con quest’arma».

Fra gli anni Ottanta e Novanta la Molgora è stata utilizzata soprattutto dalla criminalità organizzata. Domanda: cosa c’entrava Klinger con la criminalità organizzata? Nulla, ha sempre detto chi lo l’ha conosciuto. E quindi? Una spiegazione l’aveva data un avvocato di allora, Armando Cillario, che difendeva l’unico indagato per il delitto, Alessandro Luca Pieretti, poi archiviato. Per scagionare Pieretti, che era medico e paziente di Klinger, Cillario lanciò un’ipotesi ardita: «Si è trattato di uno scambio di persona, nel palazzo dove vive Klinger c’è un condomino che gli assomiglia e quel condomino ha un figlio che era stato minacciato dalla mafia per non aver pagato il pizzo». I familiari di Klinger non hanno mai creduto a un errore. «Somiglianza vaga — l’aveva liquidata Marco, uno dei tre figli, affermato chirurgo plastico —. Per me è qualcosa collegato a un paziente… mio padre aveva un brutto vizio: di essere un po’ anche il loro confessore, forse qualcuno temeva che avesse appreso qualcosa di scomodo». In ogni caso la Cassazione accolse il ricorso di Cillario contro la misura cautelare di Pieretti, che era stato pure arrestato, e nell’agosto del 1995 l’indagine fu archiviata”.

Un altro elemento comune rilanciato dal Corsera è la rivendicazione dell’uccisione, in entrambi i casi firmata Falange Armata e ritenuta falsa, forse un depistaggio operato dalla ‘Ndrangheta, organizzazione criminale calabrese che si taglia sui fondali delle vicende di Fioretto e Klinger.

Infine: l’identikit di “un giovane alto circa 1.75, capelli corti, scuri e ricci” tratteggiato da un testimone che si trovava neri pressi dell’omicidio milanese. Le firme del Corriere concludono: “Considerando che Pietrolungo è più alto, ma soprattutto che nei giorni in cui fu ucciso Klinger era in carcere, l’idea che si fa strada è quella che l’assassino di Klinger possa essere il suo complice o qualcuno legato al suo mondo. Altri particolari che accomunano i due delitti sono il fatto di aver agito a volto scoperto e sotto casa delle vittime”.

Fonte: Il Corriere della Sera