Omosessualità: amore è amore, senza differenze

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Torino. 14 luglio 1964. Una serata in casa di amici. Non era per niente facile, nel 1964, la vita per degli uomini che si innamoravano, o anche solo si sentivano attratti, da altri uomini.

Basti pensare che, a quel tempo, l’omosessualità, oltre al disprezzo, al dileggio, fino alla vera e propria persecuzione operate a livello “popolare”, era considerata un “disturbo sociopatico della personalità”  (dal 1952), valutazione aggravata, nel 1968, dalla sua definizione come un vero e proprio “disturbo mentale non psicotico”; bisognerà aspettare il 17 maggio 1990 perché l’OMS sancisca in modo definitivo che l’omosessualità è  “una variante naturale del comportamento umano“.

Ma torniamo a quel 14 luglio del 1964. E’ quella la sera che si incontrano il trentenne Franco Perrello e il ventisettenne Gianni Reinetti, si innamorano, e si amano con fedeltà per 52 anni e mezzo. Ragion per cui si può dire che per loro è stata una cosa di enorme serietà, e non un orpello da cerimonia, la formula del matrimonio di essere fedeli “nel bene e nel male, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non ci separi”.

Vissero, sin dall’inizio, senza ostentazione, ma soprattutto senza nascondere che erano una coppia di uomini che si amavano.

Nell’ottobre 2017, Gianni Reinetti, durante la presentazione del libro sulla loro vita (Franco e Gianni – 14 luglio 1964), accennò alle difficoltà di quegli anni. “Quando cercavamo casa negli anni Sessanta, molti temevano che, essendo due uomini, facessimo ‘casino’. Poi abbiamo trovato un signore che voleva solo che pagassimo l’affitto. Non abbiamo mai negato di essere omosessuali, In corso Francia c’era una sede del partito fascista e ogni tanto mandavano squadroni di sera con catene e bastoni nei luoghi di ritrovi gay all’aperto. Noi frequentavano solo una sala da ballo con al centro un ring su cui ballavano gli uomini. … Franco ha anche scritto una bellissima lettera al Papa. Io penso che anche due uomini possano essere all’altezza di allevare un bambino”.

Ed è stata proprio sorella Morte a separarli, prendendosi Franco, nel 2017, e lasciando Gianni, come quest’ultimo ebbe a dichiarare, “senza l’altra mia gamba, il mio bastone, la mia spalla”.
Ma la partenza di Franco non è avvenuta prima che lui e Gianni potessero celebrare l’unione civile, resa possibile dall’approvazione della L 20 del 5 giugno 2016 (cosiddetta Legge Cirinnà).
Così, desiderosi di “lasciare di noi l’esempio di un amore sincero”, Franco e Gianni si sposarono subito a Torino il 6 agosto 2016. Di lì a pochi mesi, Franco se ne andò.

Ho avuto l’onore di sposare Franco e Gianni” dichiarò Chiara Appendino alla presentazione del libro sopra citato, “l’ho scritto nella premessa del libro, un’esperienza straordinaria e terribile: straordinaria, perché ho vissuto coi miei occhi l’emozione di quel giorno, terribile per quello che è successo dopo [la morte di Franco]. Da lì l’amicizia con Gianni si è rafforzata. Torino ha degli anticorpi incredibili, ma i fenomeni di omofobia ci sono: Gianni mi ha raccontato di gente che ancora oggi lo guarda, si gita e sputa. Bisogna combattere l’omofobia e guardare al futuro”.

E poi, l’8 agosto scorso, Gianni si è riunito con Franco. “Con il rammarico”, scrive Letizia Tortello su ‘La Stampa’, “di non aver potuto prendere l’ultima comunione, lui che ascoltava la messa e il rosario con regolarità, che era devoto con intelligenza e cuore …”.
Se da parte della chiesa cattolica, che ignorando questa coppia così longeva, non ci fa di certo una bella figura, si è insistito con un silenzio sconcertante, tanti invece i messaggi di cordoglio e di stima per Gianni e Franco; da Orietta Berti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri al sindaco di Torino, che scrive: “Avete dimostrato che l’amore è amore, senza differenze”, a Chiara Appendino, a Matteo Renzi fino a Giovanni Minerba, attivista e fondatore del del Festival del Cinema a tematica Lgbt+ , il quale afferma: «Quel che resta di loro è un fortissimo messaggio di libertà – con se stessi e col prossimo».
E, infine, il figlioccio di Gianni, Marco Zorzan spera che di questa coppia simbolo non scompaia l’esempio di «semplicità nel sentirsi persone degne di vivere un’esistenza ad alti livelli, senza considerarsi discriminate. Sapevano di avere fatto qualcosa di grande, con la loro testimonianza di sposi gay anziani».

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Fonte:

AMORE E’ AMORE! Senza differenze

 

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