Negli scorsi giorni i Finanzieri del Comando Provinciale di Vicenza hanno concluso un’indagine di polizia economico-finanziaria a contrasto degli illeciti legati al fenomeno dell’immigrazione clandestina. Gli sviluppi investigativi hanno portato a segnalare alla locale Procura della Repubblica 162 posizioni risultate irregolari.
Le indagini, condotte dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Schio nell’ambito dell’operazione “Compromesso di soggiorno”, erano state avviate nel corso del 2019 contestualmente all’apertura di un controllo fiscale nei confronti di una Cooperativa con sede a Marano Vicentino, solo formalmente attiva nel settore delle pulizie risultata evasore totale per tutte le annualità di imposta fin dalla sua costituzione (2009).
Tuttavia, la Cooperativa, a fronte delle omesse presentazioni delle prescritte dichiarazioni fiscali ai fini delle II.DD. e/o dell’I.V.A., aveva presentato i prescritti Modelli 770 (relativi al personale), attestando l’esistenza di centinaia di rapporti di lavoro, in relazione ai quali, però, non aveva mai versato all’I.N.P.S. i relativi contributi, maturando, in tal modo, un rilevante debito contributivo (nel frattempo iscritto a ruolo) ammontante a circa 600.000 euro. La Società Cooperativa a seguito delle indagini esperite era risultata, di fatto inesistente ed inconsistente; la sede legale ed operativa, tra l’altro, risultava attestata presso un indirizzo coincidente con un edificio in costruzione.
Le indagini, durate oltre un anno, hanno dunque permesso di appurare come la Società Cooperativa fosse gestita – di fatto – da due fratelli di nazionalità marocchina, J.A., classe 1967 e J.K., classe 1977 (nonostante la titolarità formale della stessa fosse posta in capo ad un terzo fratello, del tutto estraneo alle vicende societarie), in assenza dei canoni di mutualità e degli obblighi tributari previsti dalla normativa di riferimento.
Le audizioni di decine di soggetti inquadrati nella Società Cooperativa (tutti extra-comunitari, principalmente connazionali dei titolari ma anche provenienti dall’Algeria, dalla Tunisia, dal Ghana, dall’India e dal Bangladesh) e l’incrocio dei dati acquisiti con i fascicoli in essere presso la Questura, l’I.N.P.S. e l’I.Na.I.L. di Vicenza, hanno permesso di appurare come i due fratelli di origine marocchina rilasciassero, dietro l’illecita corresponsione di denaro, buste paga e contratti riferiti a rapporti di lavoro in realtà solo cartolari; tale documentazione (contratti di lavoro e/o buste-paga) veniva poi utilizzata per trarre in inganno le Amministrazioni competenti al rilascio (e/o al rinnovo) dei permessi di soggiorno ai soci-lavoratori (tali solo sulla carta).
Nel corso delle indagini è stato appurato, infatti, che l’avvio del rapporto di lavoro fittizio era sempre fissato poche settimane, o addirittura pochi giorni, prima della scadenza del permesso di soggiorno, in materia tale da consegnare la documentazione lavoristica giusto in tempo per il rilascio o il rinnovo del permesso in parola. Allo stesso modo, nel corso degli approfondimenti investigativi, è emerso che nessuno dei lavoratori avesse la benché minima conoscenza del nome della Società Cooperativa, della figura del rappresentante legale della stessa, dell’ubicazione della sede legale ed operativa, né, paradossalmente, del suo stesso status di socio lavoratore.
Tutti i lavoratori interrogati, invero, hanno ammesso di aver contattato – mediante passaparola tra connazionali – i due fratelli marocchini organizzatori del meccanismo fraudolento con l’obiettivo di ottenere la documentazione lavoristica necessaria per ottenere e/o rinnovare il proprio permesso di soggiorno.
Le indagini condotte hanno permesso di disvelare un vero e proprio “tariffario” relativo al rilascio di buste paga e contratti di lavoro fittizi (500/800 € per ogni falsa assunzione/falso contratto di lavoro e 100/150 € per ogni busta paga consegnata [prezzi variabili in ragione delle immediate disponibilità della parte richiedente e/o dell’urgenza della richiesta]).
In un solo caso, è risultata Interessata dal rapporto di lavoro fittizio una cittadina italiana coniugata con un cittadino marocchino; in questa circostanza le indagini hanno permesso di appurare che la fittizietà del rapporto di lavoro serviva a palesare il possesso di una capacità reddituale dei coniugi tale da giustificare l’ingresso sul territorio italiano dei suoceri provenienti dal Marocco allo scopo di ricongiungimento familiare con il figlio (coniugato con la cittadina italiana fittiziamente assunta dalla cooperativa).
Anche i due gestori di fatto della cooperativa avevano usufruito di tale meccanismo illecito inquadrare se stessi quali lavoratori fittizi della Società Cooperativa formalmente intestata all’ignaro fratello.
I due fratelli di nazionalità marocchina sono oggi indagati dalla Procura di Vicenza per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (delitto previsto dall’art. 12, comma 5, del D.Lgs. 286/1998) e per falsità ideologica per induzione in errore del pubblico ufficiale rilasciante il permesso di soggiorno (artt. 48 e 479 del codice penale), mentre le posizioni dei 160 lavoratori fittizi sono state segnalate per il reato di immigrazione clandestina (art. 10-bis D. Lgs. 286/1998) e per falsità ideologica in concorso con i primi due.
La Cooperativa quale mero contenitore di debiti erariali è stata inoltre segnalata all’Agenzia delle Entrate per la cessazione d’ufficio della pertinente partita I.V.A.
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