L’attuale conflitto in corso nell’area Est dell’Europa ha portato, e sta portando, al bisogno di rassicurazione circa i possibili esiti, spesso suffragati da “opinioni”, che, a sua volta, aumenta l’esigenza di essere informati per arginare in qualche modo il sentimento di incertezza di cui siamo pervasi.
Per tentare di dare una risposta, gli organi deputati alla informazione quotidianamente si barcamenano tra notizie spesso provenienti da fonti non perfettamente verificate o addirittura dalle numerose fake proposte dalla Rete, queste ultime generate da una non meglio specificata propaganda operata da chissà-chi per scopi che non si conoscono. Il risultato sono una serie di conferme/smentite che, invece di risolverlo, il problema lo alimentano.
Il solo denominatore comune sulle comunicazioni che vengono somministrate riguarda la quotidiana iper-sensibilizzazione circa gli aspetti emotivi ivi contenuti, quali, ad esempio, il numero dei decessi – in particolare bambini – e le vicende personali di coloro i quali, come in tutte le guerre, si trovano a subire gli eventi.
Alla volontà di fornire una maggiore attendibilità alle opinioni, è quindi iniziato il carosello dei cosiddetti esperti chiamati dall’alto della loro conoscenza a delineare ulteriori sfumature volte a spiegare gli attuali accadimenti o predirne i futuri.
Fin qui – si fa per dire – nulla di nuovo, non fosse che si è scoperto che talune argomentazioni proposte da taluni esperti, gli “opinionisti”, non sarebbero attendibili in quanto chi le sostiene, per farlo, è retribuito.
Apriti cielo! Se le affermazioni non risultano coerenti e allineate con ciò che rappresenta il pensiero unico sulla cui base è già stabilito chi ha torto e chi ragione ma, soprattutto, chi le ha esternate per farlo ha pure percepito del denaro, a nulla vale la competenza, il sapere, la formazione, l’esperienza; chi le ha fornite è solo interessato al mercimonio e la di lui credibilità è conseguentemente pari allo zero.
In buona sostanza, non interessa cercare le argomentazioni adatte per controbattere quelle ritenute discordanti, ma in questo caso il denaro patisce una connotazione negativa al punto tale da essere argomento utilizzato per dare discredito alla persona fin sotto il punto di vista della propria autorevolezza.