Ordinamento giudiziario approvato dalla Camera, l’avv. prof. Rodolfo Bettiol: riforma non priva di qualche pregio ma non certo rivoluzionaria

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Legge delega di riforma dell’Ordinamento Giudiziario, esito del voto alla Camera
Legge delega di riforma dell’Ordinamento Giudiziario, esito del voto alla Camera (Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 26-04-2022 Roma, Italy)

Il progetto di legge delega di riforma dell’Ordinamento Giudiziario approvato dalla Camera dei deputati (qui il testo attuale, ndr) ed in attesa del passaggio, più arduo, in Senato prevede vari aspetti. Ne esaminiamo alcuni. Le vicende note del caso Palamara che ha portato alla luce il sistema correntizio in relazione al conferimento dei posti direttivi e semidirettivi non poteva non essere un tema della riforma.

La legge delega esprime espressamente la necessità della trasparenza della procedura, le indicazioni delle capacità direttive degli aspiranti, in particolare la capacità di efficiente organizzazione del lavoro giudiziario tenendo conto degli esiti delle ispezioni presso cui il candidato svolge o ha svolto funzioni direttive o semidirettive.

Il criterio di anzianità è riconosciuto come criterio residuale a parità di valutazione risultante dagli indicativi del merito e delle attitudini salvo la necessità di conservare una proporzione di genere su base nazionale e distrettuale.

Di rilievo è che venga sentito il parere del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati competente per territorio.

Gli avvocati dunque possono dare il loro parere in merito all’attribuzione di incarichi apicali. In realtà le capacità direttive ed organizzative potevano ritenersi un requisito esistente a legislazione vigente.

Di rilievo sempre ai fini di scongiurare degenerazioni correntizie è la previsione che i provvedimenti per il conferimento degli incarichi apicali tenuti distinti siano definiti secondo l’ordine temporale con cui i posti si sono resi vacanti, salvo deroghe pur giustificati e gravi motivi e salva la priorità per la copertura di primo presidente presso la Corte di Cassazione e di Procuratore Generale presso la Corte medesima.

Il criterio temporale si ispira alla finalità di evitare sospensione nel conferimento degli incarichi dovuta al patteggiamento in corso tra le varie correnti dei magistrati.

E’ un punto focale della riforma dell'Ordinamento Giudiziario.

Auspicabile che non si faccia un uso improprio delle deroghe.

Particolari criteri vengono poi definiti per il conferimento delle funzioni di legittimità onde assicurare la professionalità dei candidati tenendo conto delle capacità scientifiche dei candidati stessi.

Di rilievo è la previsione della partecipazione degli Avvocati ai Consigli Giudiziari con facoltà di esprimere un voto unitario su fatti incidenti sulla valutazione della professionalità del magistrato sulla base delle segnalazioni del Consiglio dell’Ordine.

La norma non torna gradita ai magistrati, ma occorre tenere conto che anche gli avvocati partecipano alla formazione della giurisdizione.

La legge delega di riforma dell’Ordinamento Giudiziario prevede poi l’istituzione del fascicolo per la valutazione del magistrato, per la valutazione dello stesso, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo.

Si tratta, a nostro avviso di disposizioni opportune ai fini della efficienza e qualità della giurisdizione.

La laurea in giurisprudenza consente immediatamente la partecipazione al concorso per magistrato ordinario. Si vuole facilitare l’accesso in magistratura e si prevede una riduzione delle materie, oggetto della prova orale.

Un diverso sistema di stampo anglo – americano (nomina a magistrato di avvocati) sarebbe auspicabile per dare spazio ad una formazione non solo teorica, ma anche pratica del magistrato. La cosa, peraltro, appare di difficile realizzazione.

Una delle critiche all’attuale sistema è quella del collocamento dei magistrati fuori ruolo in seguito all’assunzione di incarichi in genere presso i ministeri. Invero, in tal modo si diminuisce il numero degli addetti alla funzione giurisdizionale già in difficoltà. Si crea poi una commistione, a nostro avviso, pericolosa tra giurisdizione o amministrazione, tra potere esecutivo e potere giudiziario. La legge delega mantiene il sistema limitandosi a prevedere una riduzione del numero massimo dei magistrati che possono essere collocati fuori ruolo, ma sostanzialmente tiene in vita il sistema vigente.

Una decisa richiesta dell’avvocatura è quella della separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante. Solo in tal modo si verrebbe ad assicurare la terzietà del giudice, la sua indipendenza rispetto alle parti.

Il progetto di legge delega non prevede tanto, né lo potrebbe, occorrendo nel caso una legge costituzionale. Tuttavia la stessa pone un serio limite al passaggio delle funzioni da inquirente a giudicante e viceversa, possibile una sola volta. Se non corrisponde all’esigenza della terzietà del giudice (in sede di Consiglio Giudiziario il giudice è giudicato dal Pubblico Ministero), quantomeno pone l’esigenza di specializzazione nell’esercizio delle attività giurisdizionali.

Un fenomeno non di poco conto è quello relativo alla partecipazione dei magistrati alle elezioni politiche e amministrative, nonché all’assunzione di incarichi di governo nazionale, regionale e locale. Risulta chiaro come le partecipazioni del magistrato alle competizioni elettorali ove per forza si assume una posizione di parte, vada contro quanto meno sotto il profilo formale dell’immagine di imparzialità propria della magistratura.

Si ritiene, tuttavia, che anche al magistrato spetti il diritto di partecipare alla vita politica ed in particolar modo alle competizioni elettorali.

Il progetto di legge delega di riforma dell’Ordinamento Giudiziario, pertanto, non esclude l’ileggibilità del magistrato alle cariche politiche. Pone, peraltro, dei paletti a salvaguardia appunto dell’imparzialità della magistratura.

L’eleggibilità è così esclusa nell’ambito territoriale ove i magistrati prestino o abbiano prestato le loro funzioni nei tre anni precedenti la loro accettazione alla candidatura.

Per le elezioni parlamentari l’ente è quello regionale, per le elezioni amministrative quello provinciale.

E’ necessario che nell’atto dell’accettazione della candidatura siano in aspettativa senza assegni.

Il collocamento senza assegni è previsto per l’assunzione di incarichi governativi. Non possono assumere le cariche i componenti del Consiglio Superiore della Magistratura.

I magistrati eletti o nominati a incarichi governativi sono in aspettativa obbligatoria e posti fuori ruolo per tutta la durata del mandato.

I candidati non eletti sono collocati in ruolo fuori della Regione compresa nella circoscrizione elettorale ove hanno presentato la candidatura.

E’ fatto divieto di esercizio delle funzioni di giudice per le udienze preliminari, Pubblico Ministero assunzioni di incarichi direttivi o semi direttivi per tre anni.

I magistrati eletti entrano, invece, nei ruoli della Pubblica Amministrazione.

Analoga disposizione vale per i magistrati nominati a cariche di governo.

Muta la composizione del Consiglio Superiore della Magistratura 20 componenti magistrati e 10 laici.

I componenti la sezione disciplinare non possono essere assegnati a più di una commissione e non possono coprire le commissioni per il conferimento degli incarichi direttivi e superiori per le valutazioni di professionalità e di incompatibilità nell’esercizio delle funzioni giudiziarie.

Si è voluto un rafforzamento dell’organo di autogoverno.

Un complesso sistema elettorale è previsto per la nomina al Consiglio Superiore della Magistratura dei componenti magistrati.

Sarà da vedere se tale sistema verrà ad attenuare il sistema correntizio che ha danneggiato l’immagine della magistratura con perdita di prestigio.

Nel complesso una riforma non priva di qualche pregio ma non certo rivoluzionaria.

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