Ordini professionali e anticorruzione, Meritocrazia Italia: obblighi informativi e di controllo

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Dal 2007, con l’emanazione del d.lg. 21 novembre 2007, n. 231 (in «Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione»), gli ordini professionali sono stati chiamati in causa nelle procedure di controllo per la segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, con obblighi informativi e di adozione di misure di formazione del personale.

Gli ordini coinvolti quali «amministrazioni interessate» ai sensi dell’art. 1 sono quelli di dottori e ragionieri commercialisti, consulenti del lavoro, notai ed avvocati.

Già nel 1991 e nel 2004 il legislatore italiano recepiva le direttive in materia di antiriciclaggio (n. 143 del 1991 e n. 56 del 2004), le quali prevedevano una limitazione nell’uso del contante e di titoli al portatore nelle transazioni per prevenire l’utilizzo del sistema finanziario a fini di riciclaggio di proventi illeciti, imponendo tra l’altro un obbligo di segnalazione all’Ufficio Italiano dei Cambi (UIC) delle operazioni ritenute sospette. Si prevedeva anche l’estensione dell’ambito di applicazione della normativa antiriciclaggio ai professionisti e si rinforzavano gli strumenti di contrasto del reato di riciclaggio, modificando al contempo l’impianto delle sanzioni amministrative connesse alla violazione della disciplina.
Nel 2005, la terza direttiva antiriciclaggio estendeva la disciplina anche alla lotta al finanziamento del terrorismo, inserendo obblighi di identificazione più puntuali, con «adeguata verifica» dell’identità dei clienti, alla stregua di una valutazione del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo (c.d. approccio basato sul rischio).

Coinvolti tra gli ‘operatori’ delle norme antiriciclaggio, gli ordini professionali sono tra i più esposti, per la peculiarità e la sensibilità dei servizi che offrono e soprattutto perché si ravvisano ancora enormi difficoltà non tanto sulla identificazione dei clienti quanto sul controllo costante degli stessi e delle operazioni effettuate da ritenersi sospette.

Tra le categorie professionali particolarmente attente all’applicazione della normativa vi è quella dei notai, che è stata la prima a munirsi di Regole Tecniche già nel 2018. Nel 2019 sono state approvate quelle per gli avvocati, nel 2020 quelle per dottori commercialisti e gli esperti contabili, ed infine nel 2022 quelle per i consulenti del lavoro.
Il controllo dei notai può strutturarsi al meglio per la raccolta, analisi e valutazione delle informazioni sui propri clienti, ricorrendo anche ai database di cui è in possesso per la verifica dei dati e agli algoritmi per la valutazione oggettiva del rischio. Ciò ha un forte impatto sul numero di segnalazioni (SOS) effettuate; ad esempio, solo nel 2022, su 5.667 segnalazioni dal mondo dei professionisti, ben 5.404 sono giunte proprio dai notai, contro le 166 di dottori commercialisti e consulenti del lavoro e le 23 degli avvocati.

Le metodologie attuative adottate dai Consigli nazionali dei singoli ordini interessati presentano sostanziali differenze in quanto ciascuna delle categorie professionali effettua prestazioni specifiche, e, tra le principali divergenze, spicca la metodologia di calcolo del rischio, a cui i commercialisti sono tra i più attenti.

Tra gli oneri a carico degli ordini professionali c’è quello dell’obbligo nello scambio di informazioni e collaborazione tra Autorità e forze di polizia, e, pur vigendo il segreto d’ufficio anche nei confronti della p.a., la norma dispone che «sono fatti salvi esclusivamente i casi di comunicazione espressamente previsti dalla legislazione vigente, nonché le ipotesi in cui le informazioni sono richieste dall’autorità giudiziaria per le indagini o i procedimenti relativi a violazioni sanzionate penalmente. Il segreto d’ufficio non può essere opposto dagli ordini professionali nell’attività di collaborazione e di richiesta di informazioni da parte dell’UIF».
In suffragio di tale obbligo di comunicazione, gli ordini professionali adottano anche misure per assicurare la riservatezza dell’identità del segnalante. Gli atti e i documenti in cui sono indicate le generalità sono custoditi sotto la diretta responsabilità del presidente dell’ordine o di un suo delegato.

Indubbio è il carico importante posto dal legislatore sui professionisti in primis e sugli ordini professionali poi, quali amministrazioni che avranno l’arduo compito di promuovere e controllare l’osservanza degli obblighi posti dal decreto n. 231 del 2007 (e successive modifiche) da parte dei professionisti iscritti nei propri albi; tanto più che dovranno farlo anche mediante la figura di un Responsabile Anticorruzione, come da indicazioni dell’ANAC pervenute con comunicato del 3 novembre 2020, comunicato con cui l’Ente è tornato ad impartire linee guida sulla nomina del RPCT con specifico riguardo ad Ordini e Collegi Professionali.

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Fonte: Ordini professionali e anticorruzione

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