Ottant’anni sono tanti. Questo anniversario rotondo dell’inizio della Seconda guerra mondiale è ormai segnato dalla progressiva scomparsa dei testimoni. Sono pochissimi i reduci, gli ex-combattenti, ma sono sempre meno coloro che, bambini e ragazzi, hanno vissuto il dramma di una guerra che per la prima volta nella storia, sistematicamente, colpiva, alla cieca, anche la popolazione civile.
Allora, proprio perché i protagonisti e i testimoni stanno venendo meno è ancora più importante ricordare: fare storia, ma anche fare memoria (consapevoli che i due processi sono strutturalmente diversi). Insomma, bisogna capire, ricostruire gli avvenimenti, ma anche trarne moniti, indicazioni, un senso.
Quello che passa anche attraverso la narrazione, nelle famiglie, tra genitori e figli, nonni e nipoti, una catena che deve continuare, per non dimenticare e per fare meglio, per continuare a riflettere e ribadire un impegno.
Due temi, tra i molteplici, risaltano, anche in relazione al mondo di oggi. Il primo è la guerra, la guerra mondiale. Abbiamo da poco ricordato i cento anni della prima, una guerra europea che si combatte nel mondo, quella grande fornace che inghiottì, una generazione anche di italiani, milioni di uomini, ma anche, con l’epidemia di spagnola, donne e bambini. Poi la seconda, guerreggiata veramente in tutto il mondo, che unifica il mondo in un conflitto senza precedenti, come senza precedenti è l’atomica, che la conclude. Ma riaprendo la “guerra fredda”, ovvero l’equilibrio del terrore che congela la guerra tra i grandi, ma moltiplica i conflitti periferici. Infine, parola di Papa Francesco, la terza guerra mondiale “a pezzi”, sotto i nostri occhi, il nostro sguardo sempre più disincantato e assuefatto.
Solennemente abiurata nella carta delle Nazioni Unite la guerra è dunque presente, drammaticamente presente nel mondo: perché la pace non è assenza di guerra, ma costruzione concreta del bene comune.
Ecco allora il secondo tema, il significato profondo della seconda guerra mondiale, la prima totale, perché combattuta proprio contro, ma anche dai totalitarismi, il fatto nuovo del ventesimo secolo. Due totalitarismi innescano la guerra, che era cominciata tra Giappone e Cina, in Europa: nazisti e sovietici che il 1 settembre invadono e poi si spartiscono la Polonia. Ed è stato un grande polacco, che aveva vissuto l’oppressione dei due totalitarismi e scrivere, alla fine della “guerra fredda”, nell’enciclica Centesimus Annus (n. 46) che “una democrazia senza valori si converte in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come insegna la storia”. Che non è maestra di vita, ma qualcosa può insegnarci. Sì, il monito è sempre quello: in questa terza guerra mondiale a pezzi, il nemico è ancora il totalitarismo, le sue forme “aperte”, ma soprattutto quelle “subdole”. Quelle del tempo presente, anche qui, davanti ai nostri occhi, nel nostro vissuto quotidiano.
Un nemico forte, ma che, come quelli di ottant’anni fa, si può vincere.