(Articolo di Benedetta Ghiotto su pace e cittadini da VicenzaPiù Viva n. 10, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Nel mondo d’oggi il tema della pace vive un periodo di attualità forzata dovuta alla difficile situazione geopolitica internazionale che si sviluppa in ogni territorio in modo diverso. A Vicenza le due basi militari americane in città sicuramente non passano inosservate e la portano, fungendo da nesso ancora più forte, a rivolgersi ai conflitti oltreconfine e oltremare. L’imposizione dello stato di allerta Charlie (il secondo più alto, attivato quando si verifica un incidente o si ritiene probabile un’azione terroristica) nelle due basi e i frequenti “conflitti” tra abitanti della città ma appartenenti ad ambienti, etnie, credi religiosi differenti ricoprono di un manto di dubbio l’idea post Guerra Fredda che la pace fosse stata raggiunta. Ma cos’è la pace di cui tutti parlano e cosa possiamo fare noi cittadini per garantirla?
Partendo dal presupposto che garantire la pace è un dovere della comunità internazionale e dunque richiede uno sforzo politico decisivo, rimettersi nelle mani dei governi e degli organi sovranazionali non è l’unica cosa che il cittadino può fare. Infatti per garantire la pace ci possono essere alcune attività esercitabili da chiunque.
In primis penso all’educazione alla Pace, spesso già presente nelle scuole elementari ma da incrementare ed estenderla tra le mura casalinghe con l’apporto familiare. Educare alla pace vuol dire creare occasioni in cui il bambino sperimenti l’interfacciarsi con l’altro, l’accertarne i limiti, i difetti ma anche conoscere i diritti fondamentali dell’essere umano. Tale buona pratica è già avviata in alcune scuole primarie della città e della provincia dove il percorso viene portato avanti anche con alcune associazioni attive sul tema (la vicentina NonDallaGuerra fra le tante).
In secundis, bisogna promuovere eventi e luoghi di conoscenza e scambio. Bisogna abituarsi a stare con gli altri e dunque adattarsi. Si devono promuovere eventi di scambio come dibattiti o tavole rotonde in particolar modo per evidenziare una strada civile per la ricomposizione delle eventuali controversie.
Infine, occorre ricorrere, ove possibile, ad una giustizia riparativa, un metodo di risoluzione del conflitto complementare al processo che si basa sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro il tutto grazie all’aiuto di un terzo imparziale chiamato “mediatore”. Espressioni di restorative justice si ritrovano soprattutto in sede civile.
Il principio della giustizia riparativa è strettamente legato ai presupposti della Pace e alle sfide che l’uomo odierno deve superare per raggiungerla. Si basa, infatti, non sull’ottenimento della punizione dell’autore del danno ma piuttosto sul contatto diretto tra eventuali offeso e offensore, che permette al primo di esprimere i propri sentimenti ed emozioni in relazione alla lesione subita, e al secondo di responsabilizzarsi e assumere su di se le proprie colpe. Per queste ragioni la giustizia riparativa è stata definita “laboratorio per la pace” in un’ottica di pace partecipata.
Insomma, garantire la Pace sarà una delle grandi sfide di questa epoca, forse prendere spunto da una delle precedenti idee o elaborarne delle nuove, partendo dal “basso”, potrebbe avvicinare il tema della Pace: un bene prezioso che ogni cittadino può preservare giorno per giorno.