Pace, lavoro, giustizia sociale, democrazia camminano insieme

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marta viotto

Per la pace.

La condizione che stiamo attraversando è straordinaria: pandemia, guerra, nuovo paradigma digitale, ambientale ed energetico hanno travolto e messo in discussione tutto.

Il momento delle scelte è adesso, e ha bisogno di una larga condivisione di idee e partecipazione del mondo del lavoro e di tutta la società civile per cambiare lo stato delle cose verso un nuovo mondo, una nuova Europa, un nuovo Paese.
Subito e guardando al futuro!

La guerra è sempre orrore e devastazione, oggi è stata portata nel cuore dell’Europa dalla criminale aggressione della Russia di Putin all’Ucraina. In guerra i primi a soffrire sono le lavoratrici e i lavoratori, i primi a morire sono i giovani sotto le armi, le donne, i bambini e gli anziani che non riescono a fuggire. E le conseguenze drammatiche sul popolo ucraino rischiano di espandersi ulteriormente se non si lavora con determinazione per la pace.
Gli effetti anche oltre i confini del continente europeo sono già evidenti, a partire dalla crisi alimentare a causa del blocco all’esportazione del grano e alla crescita dell’instabilità in vaste aree del mondo.
La CGIL si è impegnata da subito contro l’invasione russa, a sostegno degli ucraini, della democrazia e del diritto all’autodeterminazione attraverso aiuti umanitari e progetti di accoglienza. Ma anche per chiedere il cessate il fuoco e costruire la pace attraverso il negoziato. La guerra non si ferma con la guerra né con l’aumento delle spese militari ma dando vita come proposto dal nostro Presidente della Repubblica a una nuova conferenza internazionale di pace sul modello di Helsinki del 1975 per intraprendere la strada del disarmo, della coesistenza e di un nuovo multilateralismo.
L’Europa, ed in essa l’Italia, può e deve svolgere un’azione diplomatica attiva per una pace duratura e proporsi come fondamentale elemento di garanzia contro la crescita di logiche nazionaliste xenofobe e discriminatorie.
Il nostro impegno è affermare in Europa una cultura di garanzie universali dei diritti umani e di accoglienza verso tutti coloro che sono vittime e profughi della guerra.

Per il lavoro e la giustizia sociale.

Bisogna investire per combattere ora vecchie e nuove povertà, per una società sostenibile improntata alla giustizia sociale, al lavoro stabile e dignitoso. Occorre ridurre i divari e le diseguaglianze sociali e territoriali che la crisi ha acuito. Per questo, l’Europa non deve tornare alla politica di austerity, ma rendere strutturale il modello di Next Generation EU, assunto per affrontare gli effetti della pandemia, per una politica economica espansiva che investa nello Stato sociale e in un nuovo modello di sviluppo.

Bisogna rimettere al centro il lavoro, fare della giustizia sociale il parametro delle scelte politiche e di investimento e utilizzare le risorse europee e nazionali per affrontare la transizione digitale e ambientale senza lasciare indietro nessuno, garantendo il diritto alla salute, alla conoscenza, all’invecchiamento attivo.

Cambiare il presente, guardando al futuro oggi vuol dire aiutare chi ha redditi più bassi e chi è più in difficoltà – lavoratori, pensionati, precari, Partite IVA, disoccupati. La perdita del potere d’acquisto di salari e pensioni, per la crescita dell’inflazione necessita di una risposta immediata.
Il bonus di 200 euro una tantum previsto dal Governo è una prima risposta alle richieste sindacali, ma bisogna fare di più aumentando il netto della busta paga e delle pensioni.
Abbiamo alcune proposte che vanno in questa direzione:

  • Rafforzare il bonus energia allargando la platea;
  • Aumentare la decontribuzione sui salari e per i pensionati il valore e la platea dei beneficiari della c.d. quattordicesima;
  • Indicizzare le detrazioni per lavoro dipendente e pensionati;
  • Riaffermare il sistema di welfare pubblico: sanità, sociale, istruzione, pensioni.

Le risorse necessarie possono essere così recuperate:

  • Prevedere un eventuale scostamento di bilancio per rispondere all’emergenza;
  • Tassare gli extra profitti. Il Governo ci ha dato ascolto, portando dal 10 al 25% la tassazione delle imprese energetiche, ma non basta. Ci sono altri settori in condizioni simili e si può ottenere di più;
  • Introdurre un contributo di solidarietà straordinario sulle grandi ricchezze e sulle reali capacità contributive cresciuti anche durante la pandemia;
  • Una vera riforma fiscale progressiva e redistributiva, come chiesto nella piattaforma unitaria CGIL-CISL-UIL e sostenuta con lo sciopero generale di CGIL e UIL del 16 dicembre scorso.

Bisogna dire basta alla dilagante precarietà, al part time involontario, al finto lavoro autonomo, al lavoro povero e sommerso, per puntare su un lavoro con pieni diritti e qualità:

  • Cancellare le forme più precarie di lavoro riducendo così le tipologie contrattuali, per affermare la centralità del tempo indeterminato come forma comune di rapporto di lavoro.
  • Intervenire sul tempo determinato affinché, legato a specifiche causali, risponda solo ad effettive e limitate necessità.
  • Intervenire per regolare il lavoro autonomo e parasubordinato, allargando diritti e tutele.
  • Introdurre un unico contratto di inserimento al lavoro con percorso di formazione e con garanzie di stabilità.
  • Istituire nella necessaria e non più rinviabile riforma delle pensioni, la pensione di garanzia per le carriere precarie e per i percorsi di lavoro discontinui che dia certezza di reddito in prospettiva.

Maggiore giustizia e sicurezza sociale hanno bisogno di investimenti nello stato sociale e nel welfare pubblico.
Bisogna garantire le risorse necessarie al funzionamento dei servizi pubblici e assumere a tempo indeterminato le migliaia di precari che fanno funzionare scuole, uffici pubblici, sanità, assistenza. In particolare vanno stabilizzati subito i precari della sanità che ci hanno assistito e curato nella pandemia.

È necessario aumentare il finanziamento del SSN, il rafforzamento dell’assistenza territoriale e varare una legge sulla non autosufficienza per garantire la presa in carico delle persone e la risposta ai loro bisogni da parte dei servizi pubblici.
Allo stesso modo va sostenuto il sistema di istruzione pubblico che ha garantito nel biennio pandemico la tenuta della scuola pubblica e che attende un pieno riconoscimento del proprio valore sociale attraverso investimenti strutturali e la valorizzazione della professione docente e ATA.
È il momento di realizzare un piano straordinario di assunzioni finalizzato ad aumentare l’occupazione di donne e giovani con una particolare priorità al mezzogiorno e condizionare al raggiungimento di questi obiettivi le tante risorse e incentivi destinati alle imprese.

Garantire salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è al centro della nostra proposta: non un costo ma un investimento per il presente e per il futuro.
Bisogna aumentare i controlli ed eliminare le cause degli infortuni e delle morti sul lavoro: serve un netto contrasto alla precarietà, un intervento deciso sulla catena degli appalti e dei subappalti rendendo effettive e esigibili la clausola sociale, il rispetto dei contratti nazionali, e la pensione anticipata per chi fa lavori usuranti e gravosi.
Le imprese che godono di sostegni pubblici devono essere vincolate ad investire in sicurezza e va ulteriormente aumentato il numero degli ispettori e potenziare i servizi di medicina del lavoro territoriali.

Affrontare la transizione digitale e ambientale significa mettere in campo vere politiche industriali, di sviluppo, del turismo e della cultura. Il Governo deve aprire il confronto su questo perché non è più possibile rincorrere le crisi o assistere allo smantellamento del nostro sistema produttivo, lasciato in mano alle dinamiche del mercato e alle scelte di fondi finanziari e multinazionali. Risultano preoccupanti, in questo senso, le scelte proposte nel disegno di legge “Concorrenza 2022” che affiderebbe al mercato la gestione dei servizi fondamentali e asset strategici quali i porti, i trasporti, i rifiuti, l’energia e l’acqua.
È necessario accompagnare la transizione energetica e ambientale del modello di sviluppo del nostro Paese, attraverso un forte ruolo dello Stato e del sistema pubblico, con un intervento strutturato e governato per la riconversione dei settori produttivi più esposti e un piano per la giusta transizione con strumenti adeguati e ammortizzatori sociali specifici, che riconoscano pienamente la formazione nell’orario di lavoro e incentivino la redistribuzione/riduzione degli orari di lavoro.

È una esigenza del mondo del lavoro e del nostro sistema economico rafforzare il ruolo del Contratto Nazionale nella sua funzione di tutela e aumento reale del potere d’acquisto dei salari e pertanto di procedere con questo obiettivo nei loro rinnovi.
Per questo non è condivisibile la posizione espressa dal Presidente di Confindustria che nei fatti rischia di produrre un blocco dei rinnovi contrattuali nazionali e della contrattazione collettiva di secondo livello.
In questo contesto è giusto vincolare i sostegni pubblici al sistema delle imprese, alla tutela dell’occupazione, alle assunzioni stabili, al rispetto normativo e salariale dei contratti nazionali di lavoro e del loro rinnovo.
In questo quadro è sempre più necessario un provvedimento legislativo di sostegno all’esercizio della contrattazione collettiva, che assegni validità generale ai contenuti dei Contratti Nazionali, certifichi la rappresentanza delle parti che li stipulano, garantisca il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori ad eleggere le RSU in tutti i luoghi di lavoro e sancisca il loro diritto a validare i contratti collettivi che li riguardano tramite il voto.
Per queste ragioni e sulla base della Direttiva Europea che mira a garantire salari dignitosi e rafforzare la contrattazione collettiva, è giusto introdurre e regolare anche in Italia un salario minimo.
Condividiamo il percorso indicato dal Ministro del Lavoro che in applicazione dell’Art. 36 della Costituzione propone di prendere a riferimento il trattamento economico complessivo definito dai contratti nazionali firmati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, e consideriamo necessario prevedere un provvedimento legislativo come sopra richiamato.

Per la democrazia.

La CGIL impegna tutte le Camere del lavoro a convocare assemblee pubbliche di delegate e delegati e attivisti delle leghe, per discutere le nostre proposte, anche insieme agli studenti e alle associazioni presenti sul territorio, invitando rappresentanti delle istituzioni, dei Comuni e delle Regioni, a confrontarsi con noi.
Questo percorso di discussione e mobilitazione sul territorio e nei luoghi di lavoro si concluderà con una GRANDE ASSEMBLEA NAZIONALE in forma aperta da svolgere a Roma il 18 giugno 2022.

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Fonte: Pace, lavoro, giustizia sociale, democrazia camminano insieme , CGIL Veneto

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