La Cultura della Pace, Walter Mauriello (presidente Meritocrazia Italia): alla ricerca di un equilibrio fatto di ‘virtù attive’

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Bandiera della pace
Bandiera della pace

Tanto si parla in questi giorni di Pace, e di come porre fine alla guerra – inizia così la nota che pubblichiamo Walter Mauriello, presidente di Meritocrazia Italia (qui le altre note su ViPiù.it dell’associazione, ndr) –.

Ma cosa è davvero la Pace?

La risposta non è affatto semplice perché Pace non è soltanto assenza di guerra. Diversamente, si dovrebbe dire Pace anche quel periodo conosciuto come di guerra fredda oppure quell’apparente assenza di conflitti che ha caratterizzato i primi venti anni del secolo.

No, la Pace è molto più del silenzio delle armi.

La vera Pace può esistere soltanto ove siano presenti giustizia e equilibrio sociale e non si trovi traccia di prevaricazioni e violenza.

La Pace è figlia dell’educazione alla bellezza e all’equilibrio o, meglio ancora, alla bellezza dell’equilibrio, perché, ammirandoli, apprezzandoli e, per l’effetto, desiderandoli, gli esseri umani sono portati a evitare i conflitti e le occasioni di contrasto.

«Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. […] È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore» (dal film ‘I cento passi’).

Questa curiosità e questo stupore portano a cercare di conoscere gli altri, a comprenderne necessità e paure e ad avvicinarsi a loro cercando un punto di contatto. D’altra parte, sperare di costruire un mondo migliore pensando di costringere gli esseri umani a restare ‘al loro posto’, contando esclusivamente sulla forza, sarebbe un ingiustificabile atto di orgoglio e di arroganza, perché, senza equilibrio, nessuna società può pensare di reggere a lungo.

La Pace, insomma, non può essere edificata senza tolleranza e rispetto, e viene solo dalla capacità di ascoltare e di accettare gli altri, lavorando in primo luogo sulla struttura della società, nella quale ciascuno ha il diritto di trovare il proprio ruolo, e svolgerlo.

La nostra cultura è figlia dell’evoluzione storica. La Rivoluzione francese ha ricordato che ‘Liberté, Égalité, Fraternité’ non è solo il motto della Repubblica Francese, ma ha un significato molto più profondo riconducibile al rispetto delle differenze etniche, religiose, politiche. È proprio questo rispetto che permette di aprire il cuore agli altri.

La tolleranza, però, non è una virtù ‘passiva’, statica. Non consiste nel ‘sopportare’ l’altro, le sue opinioni e le sue differenze, ma nell’accoglierle e nell’interiorizzarle bilanciandole con le proprie.

Tolleranza non significa, infatti, cieca accettazione di qualsiasi pressione o forza esterna, ma propensione all’equilibrio tra diverse spinte e diverse posizioni perché, come accade in natura, l’armonia e l’equilibrio garantiscono che nessun elemento prevarichi quello opposto. Equilibrio vuol dire dunque giustizia, ordine, regolarità, vita. In estrema sintesi, vuol dire Pace.

Eraclito, Pitagora, Empedocle insegnano che il divenire è dato dal contrasto degli opposti e dal loro pacificarsi in una superiore armonia, tanto che, secondo Ippocrate, è proprio una perdita di equilibrio all’interno dell’organismo dei quattro umori e di quattro qualità a cagionare la malattia.

Come il corpo umano funziona correttamente soltanto se esiste un corretto bilanciamento fra elementi diversi, così il corpo dell’umanità può funzionare solo in presenza del giusto equilibrio.

Paracelso si spinge oltre, osservando che non esistono sostanze sempre e dovunque velenose: qualunque sostanza può essere velenosa e qualunque sostanza può apportare beneficio.

Questo principio, ripreso poi anche da Baden Powell (secondo il quale in ogni situazione e in ogni persona è presente almeno un 5% di buono), si applica perfettamente ai rapporti internazionali: dovremmo imparare a superare il concetto di ‘assolutamente buono’ e ‘assolutamente malvagio’, iniziando a valutare fatti e circostanze nella loro interezza in modo da trovare il corretto equilibrio tra i differenti opposti.

Si può dunque ritenere che la guerra sia una malattia dell’umanità, determinata da una perdita di equilibrio che porta una parte del corpo ad agire contro un’altra, e che, per raggiungere la Pace, non serva agire ‘contro’, ma sia necessario agire ‘per’, in modo da arrivare a una situazione in cui nessuno debba più temere l’altro.

Stop war.

Meritocrazia Italia 

Il Presidente Walter Mauriello