C’era una volta il derby Vicenza-Padova. Che significava l’eccellenza del calcio veneto e la storia di quello italiano. Quando il Verona arrancava nei bassifondi e il Cittadella era in mente dei. Quando le due città ancora rivaleggiavano nella caccia al ruolo di leader politico ed economico della regione. Tanti, tanti anni fa.
Vicenza e Padova, due squadre storiche del calcio italiano (1902 l’anno di fondazione della società vicentina, 1910 quello della patavina), assenti da secoli dai ranghi della Serie A. I biancoscudati dal 1996, i biancorossi dal 2001. Le loro storie sono molto simili, una serie di alti e bassi che culmina con la morte delle società originarie per fallimento e con la ripartenza dal basso.
Oggi il proprietario del Calcio Padova è il franco-armeno Joseph Oughourlian, socio di maggioranza (96%) con la sua J4A Holdings II S.à r.l. Un’altra holding, la O.T.B., controlla l’LR Vicenza ex-Bassano Virtus, che ha indossato lo smoking un po’ logoro del Vicenza Calcio fallito.
C’è una curiosa coincidenza nella storia recente dei due club: i nuovi proprietari non sono riusciti a riportarli in alto, hanno fatto su e giù fra C e B e ora si ritrovano entrambi nel terzo livello del calcio nazionale, collocazione che non si può certo ritenere consona per due vecchie signore che hanno dato lustro al calcio.
Quanti punti in comune in più di cent’anni di calcio in comune. Conquistano, ad esempio, nello stesso campionato, quello 1954-1955, la promozione in Serie A. Primo in classifica il Vicenza, secondo il Padova. I biancorossi ci rimangono vent’anni (la “Nobile provinciale”), i biancoscudati per sette (gli anni dell’era Rocco).
Proprio in quel campionato di quasi settant’anni fa si gioca allo Stadio Menti un derby rimasto storico perchè il pubblico sfonda la rete di recinzione e arriva fino alla linea dell’out. L’arbitro Orlandini fa giocare lo stesso la partita. Non è ancora arrivato il momento degli ultras e degli steward.
Fra le tante vicende che intrecciano Vicenza e Padova c’è anche quella della società biancoscudata “satellite” di quella biancorossa. Hanno, infatti, anche se in modo non ufficiale lo stesso proprietario, Giussi Farina, certo non ricordato proprio con amore e riconoscenza dai tifosi patavini. Perché il presidente del Real usa il club biancoscudato come ruota di scorta del Vicenza, portandolo alla retrocessione in C2 proprio in coincidenza con il periodo di maggior successo del Lane di Paolo Rossi e G.B. Fabbri.
Giussi non è stato l’unico vicentino proprietario del Padova: fino al 2014 è, infatti, del vicentino Marcello Cestaro, mister Famila. La fine della sua presidenza è disastrosa. Quando è ormai troppo tardi, cede la società a Diego Penacchio, che riesce in pochi mesi a farla retrocedere in Lega Pro, a non iscriverla al campionato successivo e a farla fallire. Avere una proprietà vicentina decisamente non porta bene al Padova.
Una volta, fino a sessant’anni fa quello fra Vicenza e Padova è “il derby” per antonomasia. Poi le loro strade si dividono, i biancorossi decollano verso la fase più gloriosa della loro storia e i biancoscudati scivolano in un incubo che li porta in C2 nel 1978. Le due squadre si ritrovano vent’anni dopo, nel campionato di Serie C11981-1982.
A causa di un inconsueto variare dei campanilismi, dovuto forse alla lunga mancanza di incroci agonistici, oggi né vicentini né padovani sentono con l’intensità di un tempo il confronto diretto. Per i primi “il derby” è quello con il Verona, per i secondi quello con il Cittadella. Ed è un peccato perché in Vicenza-Padova c’è tanta storia del calcio regionale e nazionale. Basta guardare i due palmarès: in quello biancorosso c’è un secondo posto in Serie A ed una Coppa Italia, in quello dei cugini un terzo posto ed una finale di Coppa.
E i protagonisti? Che nomi vengono fuori… Bandiere come Giulio Savoini e Lello Scagnellato, allenatori come Nereo Rocco e Roberto Lerici, grandi calciatori come Sergio Campana e Mario David in biancorosso e Kurt Hamrin e Humberto Rosa in biancoscudato.
E i teatri degli scontri fra le due? Sono stadi fra i più vecchi e conosciuti del calcio italiano, il Romeo Menti sotto i Berici e il Silvio Appiani di Pra’ della Valle. Il primo ancora in funzione, il secondo abbandonato nel ’94 con un trasloco al periferico Euganeo, cantiere mai finito.
E quanti giocatori che hanno vestito entrambe le maglie. Gigi Menti, Ezio Vendrame, Roberto Filippi, Franco Cerilli, per fare qualche nome. È ricordato con affetto e riconoscenza da entrambe le tifoserie Bruno Giorgi, l’allenatore che, a metà anni Ottanta, ha riportato prima il Padova in B e subito dopo il Vicenza in A.
L’oggi non è felice per entrambi i club: il Padova tenta per la terza volta consecutiva la scalata alla Serie B, il Vicenza cerca riscatto dopo uno dei peggiori campionati della sua storia. A tutt’e due resta solo un grande passato.
Le due tifoserie si snobbano in nome di un reciproco superiority complex (come direbbe Gianni Brera) fine a se stesso. I vicentini si sentono superiori per il palmarès più ricco e per una storia più nobile, i padovani trasferiscono nella rivalità calcistica la loro visione dei vicentini come parenti poveri.
In realtà, purtroppo, oggi non ci sono motivi per sentirsi superiori in nessuna delle due piazze.