Si discute da tempo, e giovedì 13 il Consiglio Comunale Berico dovrà votare per l’approvazione dell’operazione, del ritorno a una proprietà vicentina, addirittura al Comune di Vicenza, di Palazzo Thiene, che dal crac della BPVi era passato a Bain Capital che aveva acquistato dalla Lca la Immobiliare Stampa spa, la società controllata al 100% dalla ex Popolare e che possedeva tutti i suoi immobili.
A indirizzare palazzo Thiene, che oltre al suo enorme valore architettonico e storico specifico “custodisce” una consistente serie di opere d’arte vincolate a rimanere nel loro contenitore, verso Vicenza è stata l’operazione costruita dal sindaco Francesco Rucco, dalla sua giunta e dal consenso per lo meno della sua maggioranza oltre che, ne siamo certi, dei cittadini, non senza dover superare immaginabili difficoltà di ogni tipo, tecniche e “ambientali” (intorno alla proprietà del palazzo gravitano ancora ombre di interessi “antichi”, incrociati e non sempre cristallini): l’accensione di un mutuo trentennale per un importo di acquisto, tasse a parte, di 4.3 milioni di euro a fronte di una valutazione di 7 milioni e 430.000 euro effettuata per conto del Comune dall’Agenzia delle Entrate.
Ora che le opposizioni vogliano conoscere alcuni dati (tra cui gli importi dei possibili competitors, difficili da pubblicizzare per la riservatezza delle offerte) e il parere pro veritate dell’avvocatura (in arrivo, si ribadisce da parte di Rucco & c.) è più che legittimo ma sarebbe auspicabile, è un nostro parere, che il 13 maggio tutto il consiglio si compatti a favore dell’acquisizione di palazzo Thiene e spieghiamo sommessamente perché.
Facciamo, però, una premessa alle nostre considerazioni: noi l’acquisto lo vediamo non come un atto di ricordo del passato, di quando, cioè, la Banca Popolare di Vicenza alimentava, bene e male, l’economia locale, e di palazzo Thiene faceva quasi una sua vetrina, ma come una decisione che guarda al futuro per una Vicenza sempre più proiettata a qualificarsi come città d’arte e di cultura.
I ricordi, per carità, vanno sempre conservati nel bene e nel male ma non curano le ferite rimaste in decine di migliaia di soci-risparmiatori azzerati e, di per se stessi, non giustificherebbero un ulteriore esborso economico della comunità, già colpita dal flop della BPVi.
Ma l’acquisto di palazzo Thiene, con un esborso di sicuro sostenibile dal Comune, che poi potrà verificare anche possibili introiti derivanti da scelte oculate della gestione del palazzo e dei suoi tesori, lo giudichiamo positivo perché inseribile e inserito in una politica di sviluppo di Vicenza che non è e non sarà più solo città industriale (con tutti gli alti e bassi connessi e con i danni ambientali comunque associabili) ma anche, se non soprattutto, città vocata al turismo culturale e d’arte.
Questa politica, iniziata ai tempi del restauro della Basilica Palladiana con Hüllweck, è stata poi proseguita e accentuata con convinzione dalle due amministrazioni successive a firma Variati, motivo in più perché la gran parte dell’opposizione, che da quell’area proviene, la faccia propria non “lasciandone” l’esclusiva proprio alla maggioranza.
L’acquisto comunale, poi, di palazzo Thiene evita l’esercizio di prelazione del Mibact, che, anzi, dopo aver confermato questo suo non intervento in competizione con un’amministrazione pubblica, dovrà farsi promotore dell’acquisizione in qualche modo delle opere d’arte vincolate a rimanere a palazzo Thiene.
È vero che la BPVi in Lca vorrebbe alienarle (tanto più che associa a quel patrimonio un valore di circa 50 milioni di euro, per l’esattezza parrebbe 49 milioni) ma, salvo provvedimenti giudiziari ad oggi respinti, le opere rimarranno vincolate al palazzo e allora, è un’ipotesi tra le tante, il Mibact del ministro Franceschini potrebbe “acquisirle” di fatto a costo zero complessivo per lo Stato e decidere di gestirle in città, d’accordo con la città e per la città.
È, infatti, risaputo che di tutte le risorse che la liquidazione recupererà gran parte (forse tutte e forse neanche basteranno) andrà allo Stato che nell’atto di cessione a un euro a Intesa Sanpaolo delle parti buone delle due ex Popolari Venete ha “anticipato” circa 5 miliardi all’Istituto di Carlo Messina per conto della Lca da cui, in base al dl 99 del 25 giugno 2017, dovrà recuperare quella cifra, cosa che dai dati ad oggi disponibili pare non raggiungibile.
E allora, lo spieghiamo e supponiamo con semplicità (e qualcuno ci corregga se erriamo), se il Mibact, cioè lo Stato, arrivasse alla determinazione di acquisire le opere, che la Lca non può vendere a qualcuno se non con l’obbligo che l’acquirente mantenga le opere a palazzo Thiene (chi e perché lo farebbe?), e se lo facesse anche alla valutazione della Lca, 49 milioni, il tutto sarebbe una partita di giro: lo Stato paga 49 milioni per acquisire il “tesoro” d’arte vicentino e la Lca quei 49 milioni li fa ritornare allo Stato in base al debito contratto nell’ambito dei miliardi da rendere.
L’alternativa? La Lca non riesce a vendere a nessuno e lo Stato nulla spende ma nulla incassa e rimane un vuoto operativo per la liquidazione.
Ecco perché, ma altri motivi ci sarebbero (tra cui anche l’uso o di parte dell’area uffici di palazzo Thiene per servizi comunali come già ipotizzato), la decisione del sindaco Francesco Rucco, della sua giunta e della sua maggioranza andrebbe fatta propria anche dalle minoranze, che, ultimamente, bisogna dirlo, pare che dei passi avanti al riguardo li stiano facendo essendo state loro stesse promotrici nel recente passato di un “ritorno” del palazzo in mani vicentine.
Prima hanno cullato (le minoranze e forse anche la maggioranza) l’ipotesi che ad acquistarlo e a donarlo a Vicenza fosse Intesa Sanpaolo, la “salvatrice” ma, soprattutto, la maggiore beneficiaria del crollo della BPVi.
Ma l’ad Carlo Messina è molto pragmatico (e lo si vede con i 100 milioni di ristori promessi ai soci della ex Popolare ora suoi clienti e poi bloccati per il motivo che alcuni avevano intentato cause alla stessa Intesa per recuperare i danni, probabilmente ben inferiori a 100 milioni, subiti dalla banca acquistata) per cui l’ipotesi si è prima trasformata in sogno e, poi, in disillusione…
L’unica certezza oggi perché Vicenza e i vicentini riabbiano palazzo Thiene (con profitto e non solo per ricordo) è quella che diventi proprietà pubblica e che i suoi tesori, magari grazie anche a una pressione congiunta e coordinata dei referenti romani di maggioranza e minoranze, vadano al Mibact che poi li affidi a chi gestirà la parte dell’edifico ristrutturato a partire dal 1542 dall’architetto Andrea Palladio per incrementare il turismo d’arte e di cultura a cui Vicenza si vuole e, aggiungiamo, si deve votare per recuperare parte della ricchezza persa o per incrementarla nel tempo in modo stabile.
D’altronde maggioranza e minoranze non hanno votato compatti per la candidatura di Vicenza a Capitale Italiana della Cultura nel 2024?
E con palazzo Thiene con le sue opere d’arte, Basilica Palladiana, teatro Olimpico, palazzo Chiericati, Rotonda e chi più ne ha più ne metta Vicenza capitale della cultura potrebbe esserlo per sempre, mai ripagando i danni passati dei soci della BPVi, ma creando ricchezza per i loro discendenti e per tutta la città
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