È uno dei palazzi palladiani di Vicenza inserito nel patrimonio dell’Umanità Unesco. È Palazzo Thiene, più noto in tempi moderni e meno sensibili al bello come sede storica della Banca Popolare di Vicenza. Purtroppo, il rapporto di proprietà con l’istituto, che l’ultimo presidente Zonin in buona compagnia con consiglieri, dirigenti e sindaci ha accompagnato al fallimento, con ogni probabilità priverà la città della proprietà di uno degli edifici più importanti e significativi sotto il profilo architettonico.
Anche se è opportuno subito sottolineare che anche Palazzo Thiene è uno dei tanti incompiuti che la nobiltà cinquecentesca ha lasciato in eredità al centro di Vicenza. Una vera sciagura, questa degli edifici lasciati a metà (o anche meno), per Andrea Palladio: i committenti prima si facevano ammaliare dalla maestosità e dal fascino dei progetti ma poi erano costretti a bloccare i cantieri perché – è una interpretazione maliziosa ma senz’altro realistica – finivano i soldi.
La stessa sorte è toccata al palazzone che i conti da Thiene cominciano a costruire a metà del Cinquecento, l’ineguagliabile secolo d’oro di Vicenza, nel pieno centro della città e nel contesto di una contemporanea fioritura di magioni in stile neoclassico che le migliori famiglie, in gara fra di loro, erigevano perfino di fianco o di fronte l’una all’altra.
L’economia vola e la nobiltà dell’epoca non si tira indietro nel lanciarsi nell’imprenditoria (soprattutto la produzione della seta), che assicura ricavi e utili molto importanti che si sommano a quelli derivanti dalle precedenti attività agricole: le famiglie di sangue blu hanno campi dappertutto.
In conseguenza di queste ricchezze un bel palazzo è uno status symbol. Non è stato così anche per quei tronfi nobili veneziani che hanno investito i soldi guadagnati facendo i mercanti? Proprio loro che non vogliono che quella vicentina sia ammessa al Libro d’oro della nobiltà della Serenissima? Gli facciamo vedere noi vicentini non siamo da meno!
Fortuna vuole che, contemporaneamente, esploda a Vicenza il genio e il valore di Andrea Palladio, che, fra l’altro, è stato scoperto e lanciato proprio da uno di loro, Giangiorgio Trissino. La giovane archistar ha una proposta architettonica che stacca e innova rispetto al prima imperante gotico veneziano: costruisce, ricostruisce o talvolta ricopre l’antico stile nelle forme dell’antica Roma imperiale. Che sono forse meno aggraziate ma sicuramente più imponenti di quelle dei palazzi sul Canal Grande.
Il progetto di Palazzo Thiene è maestoso. Dovrebbe occupare un intero isolato, la fronte principale sul Corso, inglobando un edificio quattrocentesco che già sorge sul lato ovest e che è pure di proprietà dei da Thiene.
Ma chi sono questi da Thiene? Sono conti palatini dal 1469, quando l’imperatore Federico III concede loro il titolo. Ma sono anche degli usurai, o almeno lo sono stati per un paio di secoli. Il capostipite è originario di Arsiero, ma presta denaro a Thiene e dintorni. Nel Trecento i discendenti si spostano a Vicenza e proseguono l’attività tradizionale collaborando con gli Scaligeri e con i Visconti. Il patrimonio cresce ed è investito in proprietà terriere. Uno dei da Thiene, Clemente, è fra i protagonisti della dedizione a Venezia del 1404. Diventano fedelissimi della Serenissima. Gente di potere, insomma. I loro possedimenti si estendono in varie aree del vicentino e non solo, perchè nel 1565 un ramo si appropria del feudo di Scandiano, vicino a Ferrara e quindi sotto la giurisdizione estense.
Sembra che proprio questo spostamento del baricentro degli interessi della casata da Vicenza abbia determinato lo stop alla costruzione del palazzo neoclassico. Peccato, perché guardando il progetto, l’edificio completo sarebbe stato il più bello della città.
A proposito del progetto, gli storici dell’arte ritengono che sia il frutto di un lavoro a quattro mani. Il vero progettista è in realtà Giulio Romano mentre il giovane Andrea si occupa della parte esecutiva apportando solo qualche parziale modifica. Anche perché nel 1546 Giulio Romano muore e non può seguire i lavori, iniziati nel 1542 per committenza dei fratelli Marcantonio e Adriano da Thiene.
L’edificazione va per le lunghe: sul frontone è riportato l’anno 1556 (nel cortile 1558). In quindici anni si tira su neanche un quarto del palazzo e cioè parti delle fronti ovest e nord. Su contrà Porti resta intatto il vecchio palazzo di fine Quattrocento, firmato da Lorenzo da Bologna.
La Banca Popolare arriva nell’Ottocento. La sede operativa occupa l’ala in contrà Porti, nell’edificio palladiano si stabiliscono presidenza, direzione generale e dirigenza.
Recenti notizie riferiscono che Palazzo Thiene, passato di proprietà dalla controllata della Banca che deteneva le proprietà immobiliari al solito fondo straniero, interesserebbe a una cordata di investitori che vorrebbero trasfomarlo in residence o albergo. Niente di nuovo sotto il sole a Vicenza. Le idee sono sempre le stesse: alberghi, residence o garage.
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