“Il processo Veneto Banca da Roma a Treviso, il gup Lorenzo Ferri arretra di fronte a Paola Severino? Vince Intesa ma non quella con soci“: titolavamo così un articolo di Angelo Di Natale, in quel periodo direttore di VicenzaPiù.com per il mio momentaneo (e fugace, alias da… fuga) impegno politico ed oggi “rievochiamo” quel pezzo per dire, urlare no all’ipotesi più volte fatta trapelare in questi giorni di Paola Severino, ex ministro della giustizia nel governo Monti regnante Giorgio Napolitano, come possibile presidente del Consiglio al posto di Giuseppe Conte, che, pure e se non altro per la chiarezza dimostrata il 20 agosto, meriterebbe fiducia e conferma. Perché no a Paola Severino? Ce lo fa dire la rilettura dell’articolo di Di Natale.
“Una doccia gelata – esordiva il nostro allora direttore esperto di cose romane – su migliaia di risparmiatori sostanzialmente truffati e derubati di miliardi di euro. E che avevano cominciato a riporre fiducia e speranza nella giustizia, incoraggiati dalla storica decisione assunta da un giudice coraggioso. Lo stesso che però, oggi, sembra abbia detto: scusate, abbiamo scherzato; si ricomincia da capo. Il processo contro i responsabili del crac di Veneto Banca dovrà ricominciare da zero. In un’altra città, Treviso; in un altro tribunale; sotto le cure di un altro giudice (il Gup era gup Lorenzo Ferri, ndr)“.
“Perché tutto questo? – proseguiva Di Natale -. Difficile trovare risposte convincenti sui vari piani che investono la questione… C’è una logica – e c’è linearità di condotta – nella scelta di affrontare, e decidere nel modo in cui abbiamo visto, la questione dell’autorizzazione della citazione del responsabile civile Banca Intesa Sanpaolo e, subito dopo, scoprire che quella decisione non poteva essere presa perchè il giudice era “incompetente”?“.
“Ovviamente tutti coloro adusi a “pensar male” (sia che, andreottianamente, si voglia ritenere che colgano nel segno, sia che sbaglino) – spiega così il possibile perché il nostro direttore di allora – riavvolgeranno il nastro di questa tragica e beffarda sequenza fino al momento dell’udienza in cui Paola Severino, ex potente ministro della giustizia (il suffisso “ex” si riferisce alla carica e non al potere, che permane integro e smagliante tra le vette dell’avvocatura italiana, le grandi aziende, l’alta finanza e i vertici confindustriali) scese in campo pesantemente (il 2 marzo titolavamo: “Processo Veneto Banca, Paola Severino, legale di Intesa ed ex ministro della giustizia: “la mia assistita non deve farsi carico di nulla, ma solo ringraziata”, ndr) nell’agone giudiziario in favore di un colosso bancario come Banca Intesa, pronunciando parole durissime contro ogni ipotesi di ammissibilità della richiesta dei risparmiatori gabbati: citare Banca Intesa come responsabile, come è ovvio essendo quest’ultima subentrata a Veneto Banca delle cui malefatte, almeno civilmente, dovrebbe rispondere. Qualcuno definì intimidatorie – o quanto meno suggestionanti – le parole di quell’avvocato tanto ingombrante quando civicamente virtuoso (il suo reddito professionale dichiarato è mediamente di diversi milioni di euro) contro l’apertura fatta da quel giudice. Che ora fa saltare il tavolo così faticosamente costruito e rimanda tutti a casa, quasi a voler dire: la festa è finita, abbiamo scherzato. Tra i tanti interrogativi che il caso pone, uno forse arrovella più di tutti. Il gup Ferri ad un certo punto ha cambiato idea o, fin dall’inizio, ha coltivato lo stesso intendimento?...”.
Questo ed altro scrisse Di Natale e allora come pensare come primo ministro “giallorosso” a Paola Severino, il cui potere “permane integro e smagliante tra le vette dell’avvocatura italiana, le grandi aziende, l’alta finanza e i vertici confindustriali”?
Se Di Natale concludeva sul trasferimento del processo da Roma a Treviso “E’ una questione di ….Intesa tra gli interessi miliardari della prima banca italiana e i colpi assestati da un “principe” del foro (superfluo in questo caso declinare al femminile), in un’aula di giustizia, alla giustizia dei deboli innocenti, “colpevoli” di essere tali“, vogliamo proprio trasferire a Palazzo Chigi quegli interessi miliardari di Intesa, delle grandi aziende, dell’alta finanza e dei vertici confindustriali?