Papa Francesco nella Veglia pasquale: «Basta guerre, chi ha riempia le mani vuote»

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«Il Signore ci precede in Galilea», «ognuno di noi ha la propria Galilea», e la Galilea è «il punto da cui ripartire sempre, soprattutto nelle crisi, nei tempi di prova». Ne è convinto il Papa, che nella parte finale dell’omelia della Veglia pasquale di sabato 11 aprile esclama: «È bello sapere che cammina davanti a noi, che ha visitato la nostra vita e la nostra morte per precederci in Galilea, nel luogo, cioè, che per Lui e per i suoi discepoli richiamava la vita quotidiana, la famiglia, il lavoro». «Gesù desidera che portiamo la speranza lì, nella vita di ogni giorno», la consegna: «Ma la Galilea per i discepoli era pure il luogo dei ricordi, soprattutto della prima chiamata. Ritornare in Galilea è ricordarsi di essere stati amati e chiamati da Dio. Abbiamo bisogno di riprendere il cammino, ricordandoci che nasciamo e rinasciamo da una chiamata gratuita d’amore». La Galilea, fa notare il Papa, «era la regione più lontana da dove si trovavano, da Gerusalemme. E non solo geograficamente: la Galilea era il luogo più distante dalla sacralità della Città santa. Era una zona popolata da genti diverse che praticavano vari culti: era “la Galilea delle genti” Gesù invia lì, chiede di ripartire da lì». Questo vuol dire, attualizza Francesco, che «l’annuncio di speranza non va confinato nei nostri recinti sacri, ma va portato a tutti. Perché tutti hanno bisogno di essere rincuorati e, se non lo facciamo noi, che abbiamo toccato con mano “il Verbo della vita”, chi lo farà? Che bello essere cristiani che consolano, che portano i pesi degli altri, che incoraggiano: annunciatori di vita in tempo di morte!». «In ogni Galilea, in ogni regione di quell’umanità a cui apparteniamo e che ci appartiene, perché tutti siamo fratelli e sorelle, portiamo il canto della vita!», l’appello del Papa: «Mettiamo a tacere le grida di morte, basta guerre! Si fermino la produzione e il commercio delle armi, perché di pane e non di fucili abbiamo bisogno. Cessino gli aborti, che uccidono la vita innocente. Si aprano i cuori di chi ha, per riempire le mani vuote di chi è privo del necessario». Ancora una volta, l’esempio è quello delle donne che corrono al sepolcro: «Alla fine, abbracciarono i piedi di Gesù, quei piedi che per venirci incontro avevano fatto un lungo cammino, fino ad entrare e uscire dalla tomba. Abbracciarono i piedi che avevano calpestato la morte e aperto la via della speranza. Noi, pellegrini in cerca di speranza, oggi ci stringiamo a Te, Gesù Risorto. Voltiamo le spalle alla morte e apriamo i cuori a Te, che sei la Vita».