Per imparare a orientarci, a comunicare in maniera efficace e a prenderci cura di quello che la natura e la storia ci hanno regalato, noi esseri umani ci siamo abituati a definire le cose attraverso delle classificazioni. E così, oggi si parla di parco naturale, sito archeologico, vie panoramiche… ma chi ha detto che tutte queste caratteristiche non possano confluire nello stesso luogo?
Il Parco Archeologico dell’Appia Antica è sicuramente uno di questi posti speciali dell’Italia e del pianeta, istituito nel 2016 dal MiC (Ministero della Cultura) proprio per assicurare la tutela e la valorizzazione di tutto il territorio attraversato dal percorso dell’antica Via Appia.
Duemilatrecento anni di storia – Inoltrarsi lungo l’itinerario che va dalle Mura aureliane di Roma fino a località Frattocchie (comune di Marino, città metropolitana di Roma Capitale) – il territorio che ingloba la Regina Viarum – significa godersi un lungo racconto fatto di testimonianze, reperti e leggende che si snodano attraverso i secoli. Diventa possibile passare dall’epoca dell’antica Roma al Medioevo, dal Rinascimento all’Ottocento semplicemente scrutando fra i dettagli che spuntano ad ogni angolo, anche a bordo strada.
Ma com’è nato questo parco?
Una prima idea si fa risalire a inizio Ottocento, periodo in cui il “dipartimento di Roma“, come venne definito, era parte dell’Impero Napoleonico (1809-1814). Solo qualche anno dopo, però, grazie a Papa Pio IX andò in porto un importante piano di recupero dell’Appia Antica, necessario per cominciare anche solo a parlare di parco archeologico: l’arteria, infatti, si presentava in larga parte ancora come una strada di campagna. I lavori furono affidati all’architetto e archeologo piemontese Luigi Canina che cominciò a dare vita al “museo all’aperto” restaurando monumenti funebri e sedime stradale e, soprattutto, costruendo a lato i muri a secco tipici della campagna romana (macere). Un ruolo d’eccezione, in questa rivoluzione del sito, fu quello rivestito dai filari di alberi realizzati a bordo strada; una piantagione a cui, a inizio Novecento, si accompagnò una piantumazione di pini secolari e cipressi che ancora oggi caratterizza il paesaggio.
Un impegno mastodontico e una formalizzazione a “parco” che servirono anche a preservare il territorio da tutta una serie di scempi che, fino a quel momento, continuavano indisturbati a verificarsi, senza essere ostacolati da nessuno.
Per arrivare al Parco Archeologico dell’Appia Antica moderno, però, bisogna fare un salto millenario: soltanto nel 2016, come anticipato, c’è stata l’istituzione ministeriale ufficiale, resa possibile anche grazie alla scarsa trasformazione urbanistica e alla rilevanza paesaggistica – oltre che storica e archeologica – che rendono questo sito un unicum da valorizzare e tutelare.
Perimetro e competenze – Il perimetro del Parco Archeologico dell’Appia Antica coincide, in pratica, con quello del Parco Regionale dell’Appia Antica. Le competenze, però, sono differenti: per il secondo sono esclusivamente di carattere naturalistico, mentre per l’ente archeologico sono estese a livello promozionale, di valorizzazione, tutela, conservazione e salvaguardia del patrimonio culturale e, di conseguenza, dell’intero paesaggio.
Sono diversi i siti di interesse storico-archeologico che è possibile visitare e che rientrano nella sua pertinenza:
- una serie di acquedotti importanti (dell’Aqua Marcia, il doppio condotto dell’Aqua Claudia e dell’Anio novus, inclusa l’intersezione della Torre del Fiscale, dei Quintili);
- l’Antiquarium di Lucrezia Romana;
- il Castrum Caetani con il Mausoleo di Cecilia Metella;
- le tombe della Via Latina;
- Villa dei Quintili e Santa Maria Nova;
- la Villa dei Sette Bassi;
- il sito archeologico di Capo di Bove.
Ognuno racconta una storia, è ambasciatore del passato, si tramanda come testimonianza di se stesso e di ciò che ha vissuto. Insomma, non è un itinerario che si può spendere in poche ore!