In campagna elettorale a Vicenza si sono sprecate paginate su fascismo e antifascismo partendo da like vecchi di anni su Facebook risusciatti da un dossier di comodo e postati da chi si atteggia a estimatore del fascismo, per definizione anticomunista, perchè ne ignora la storia e i suoi danni almeno tanto quanto i suoi fustigatori non conoscono la storia del comunismo, per definizione antifascista. Ma se il fascismo e il comunismo in quell’epoca, e dopo con le versioni peggiorid dei partiti loro epigoni, hanno privato decine di milioni di persone della libertà e milioni della vita, oggi impera la dittatura unica, più unica di quella del solo fascismo o del solo comunismo.
È la dittatura dell’ignoranza e, di conseguenza, degli slogan sparati alzo zero. Come per il Parco della Pace o, per altri, il Parco per la Pace oppure ora per l’assessore allo sport possibile Parco Dal Molin.
Perchè, se la politica dovrebbe occuparsi dei bisogni veri della gente (e la nostra gente, per esempio, ha perso i propri soldi in una banca del sistema, la Banca Popolare di Vicenza, e ha perso la propria Fiera per gli errori di gestione del sistema), farlo implica onestà intellettuale, oltre che personale, e competenza disinteressata.
L’una e l’altra difficili da riscontrare in gran parte dei politici, di sicuro in quelli che ci hanno governato a Vicenza nell’ultimo decennio, spiace dirlo a chi da decenni ha votato a sinistra, e che speriamo di ritrovare, magari in dosi inizialmente anceh minime purchè superioria zero nella nuova ammistrazione su cui vigileremo come nello stile storico di VicenzaPiù
Più difficile è provare a risolvere i problemi veri della gente vera, dicevamo, piuttosto che fare confusione” o “fare ammuìna”, direbbero a Napoli in partenopeo ” come si capisce facilmente ora che anche la Lega non è più Nord ma italiana e a breve, ce lo assicura Salvini, europea.
E per fare ammuìva i dittatori mediatici odierni, speciamente quelli che, basando la loro campagna sulla comunicazione e non sui contenuti, l’hanno persa, provano a sguazzare su temi come l’antifascismo o, ora, anche la destinazione dei 65 ettari (forse rende meglio dire seicentocinquantamila mq per spiegare la grandezza dell’area) che lo Stato avrebbe concesso a Vicenza come “compensazione” per la seconda base Usa, ci ha detto Achille Variati e lo hanno applaudito convintamente i No dal Molin, quelli veri e meno numerosi, opportunisticamente quelli di maniera e più numerosi, ma soprattutto redivivi ad ogni elezioen amministrativa.
Ebbene si parli pure di un Parco da 65 ettari e lo si chiami come vorrà la città, da ascoltare democraticamente, ma prima di titolarlo e, soprattutto, di realizzarlo si sottopongano ai cittadini progetti reali, dal punto ambientale e di utilizzo, e li si accompagnino con costi realistici di realizzazione e, soprattutto, di gestione perchè 650.000 mq di terreno non siano un costo pluriennale per la comunità che si aggiunga al costo del danno ecologico e ambientalistico, oltre che ideologico, già arrecato dalla base.
Se per gestire quel parco Vicenza dovrà spendere milioni di euro all’anno, senza farne un uso che non sia solo quello ideale, bene ma lo decida la città e poi la città non si lamenti in futuro dei problemi che comporterà, per costi e sicurezza, un parco che è oltre 18 volte più grande di un oggi complesso da gestire campo Marzo (35.000 mq) e per giunta soggetto a notevoli rischi alluvionali.
Se non sarà tutto chiaro e deciso senza fare ammuìna ma in maniera il più possibile condivisa, ideologica quanto basta ma pratica quanto richiede la situazione di una città impoverita da ben altri drammi del vicino passato e ancora in attesa di conoscerne e scontarne la vera entità, il Parco della Pace o il Parco per la Pace o il Parco Dal Molin aggiungeranno al danno di una compensazione fasulla la beffa di costi troppo pesanti per una comunità che ha perso centinaia di milioni, per il 65% di ultrasessantacinquenni, e che cerca ancora chi la aiuti, Francesco Rucco ha detto che lo farà, a recuperarli per gestire almeno la propria vecchia senza troppi costi sociali.
Che, però, ad oggi vanno previsti con la gisuta priorità.