La democrazia si realizza quando il popolo diviene padrone delle sue istituzioni. Quella fondamentale è il suo sistema elettorale. L’abisso che separa la nostra società dai propositi di sovranità popolare è tutto qui. Il successo del M5S consiste in sintesi nell’aver offerto un progetto di democrazia compiuta, entro il quale sia possibile realizzare equità, giustizia e opportunità. Ma oltre a tutto ciò che si può realizzare con un governo a 5 stelle, quello che appassiona i simpatizzanti e che ha fatto veramente la differenza con le altre forze politiche, è questa ostentata proprietà popolare delle istituzioni, è la democrazia diretta. Eppure, quando arriva il momento, la distanza da ciò che si spera e ciò che si osserva è incredibile.
A nulla valgono i biasimi fatti agli altri di decidere in segreto le candidature; a nulla valgono i criteri di selezione a difesa del candore, della moralità degli eleggibili: martedì scorso la maggior parte dei probi e dei preparati attesi non era presente sulla schermata. Si è avuta l’impressione, dopo due giorni di guardia al sito, che il sistema abbia scelto a caso tra gente che ha toccato appena il pulsante della candidatura e siano invece mancanti quelli che l’hanno annunciata da un anno corredandola di ogni documentazione – quasi un modo esplicito per sostituire totalmente una classe di attivisti con una di sorteggiati. Lo sconcerto che assale l’iscritto è lo stesso di un elettore che apre la scheda nella cabina elettorale e non trova più il suo simbolo. Non ci resta che sperare nella lealtà e nelle capacità della rosa di candidati vicentini e veneti (uno l’ho persino votato) proposti dal sistema, allo stesso modo di come avevamo dovuto sperare nei designati dei partiti tradizionali. Pare proprio che il celebrato “staff” sia in realtà insufficiente a gestire la complessità delle ambizioni democratiche del M5S, e che abbia bisogno di aiuto, forse, di essere rifondato. Noi siamo pronti: vogliamo la proprietà di Rousseau. Per il momento, una delle peculiarità della democrazia ci impone di smettere lo stupore catatonico e di rompere il silenzio.
Giuseppe Di Maio