Parlamento Ue contro Orban, insulti al leader ungherese e scontro in Aula

164

(Adnkronos) – Viktor Orban a Strasburgo è finito sotto un fuoco di fila di critiche, a volte ai limiti dell’insulto, per una mattinata intera. Il dibattito di ieri sugli obiettivi della presidenza ungherese del Consiglio Ue – rimandato da settembre alla prima plenaria di ottobre a causa delle inondazioni che hanno colpito l’Ungheria e l’Europa Centrale – si è trasformato, inevitabilmente visti i pessimi rapporti tra l’Aula e il governo ungherese, in una sorta di processo al leader di Fidesz, vera ‘bestia nera’ di quelle che lui chiama le “élite” della “bolla” bruxellese. Quelle che lo hanno reso "famoso" suo malgrado, come ama dire. Alla fine del suo intervento, mentre dalla destra dell'emiciclo si alzava una standing ovation, alcuni eurodeputati hanno intonato "Bella Ciao", venendo ripresi dalla presidente Roberta Metsola, che gli ha ricordato: "Non siamo all'Euurovision né alla Casa di carta".  Orban, il capo di Stato e di governo più anziano del Consiglio Europeo, se lo aspettava, tanto che martedì è andato a Strasburgo in anticipo per tenere una conferenza-stampa fiume, perché sapeva che i titoli sarebbero stati ‘occupati’ dai suoi critici. Tra gli attacchi più taglienti che il premier magiaro ha dovuto incassare si contano quello della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e quello sferrato subito dopo dal capogruppo e presidente del Ppe Manfred Weber. Entrambi sono della Cdu/Csu, primo partito secondo i sondaggi in Germania, anche se oggi è all'opposizione, e militano nel Ppe, partito del quale Orban faceva parte, in un tempo nemmeno troppo lontano.  Curiosamente, mentre martedì il premier magiaro aveva parlato a più riprese del conflitto in Ucraina, che l’Ungheria vive da vicino (i due Paesi confinano e la Transcarpazia ucraina ospita una nutrita minoranza magiara, fonte di tensione con Kiev), ieri nel suo discorso introduttivo ha accennato alla guerra che brucia ai confini del suo Paese quasi di passaggio. Ma von der Leyen, tra le più decise sostenitrici di Kiev a Bruxelles con la maltese Roberta Metsola, lo ha affrontato ugualmente, senza infingimenti dettati dal galateo tra le diverse istituzioni dell'Ue. Orban presiede fino a fine anno il Consiglio, che rappresenta gli Stati membri a livello di ministri. In “nessuna lingua europea”, ha detto la presidente, “pace” è sinonimo di “resa”. Per la guerra in Ucraina, ha aggiunto, "c'è ancora qualcuno che dà la colpa non all'invasore, ma all'invaso. Vorrei chiedergli: ha mai dato la colpa agli ungheresi per l'invasione sovietica del 1956?”. La presidente ha poi sostanzialmente accusato l’Ungheria di doppiezza perché, mentre predica la tolleranza zero per le migrazioni illegali, avrebbe liberato “trafficanti” condannati prima del tempo, scaricando così il problema “nel giardino del vicino”. E ha fatto notare che lasciar operare la Polizia cinese in Ungheria significa concedere a Pechino una “backdoor per le interferenze straniere”. Non solo: per von der Leyen, le facilitazioni concesse dall’Ungheria all’ingresso di cittadini russi mettono a rischio la sicurezza dell’intera area Schengen.  Più esplicita, da sinistra, la copresidente dei Verdi Terry Reintke, anche lei tedesca, che ha definito Orban, senza mezzi termini, un “servo di Vladimir Putin”, dicendogli chiaramente che al Parlamento Europeo “non è il benvenuto”. Von der Leyen ha lasciato l’Aula poco dopo il suo intervento, lasciando le repliche al vicepresidente Maros Sefcovic, cosa che le ha attirato non poche critiche dagli eurodeputati della destra. Non è la prima volta che la presidente parla in Aula e se ne va: è un’abitudine che in passato ha irritato deputati di diverse collocazioni politiche.  Mentre gli attacchi da sinistra erano prevedibili, le stoccate più dure sono arrivate dal Ppe. Weber, che ai tempi aveva a lungo resistito alle richieste di cacciare Fidesz provenienti dal suo partito, non è stato affatto tenero con l’ex Popolare diventato Patriota. Ha notato che è “molto nervoso” per l’ascesa nei sondaggi del partito di centrodestra Tysza, membro del Ppe. Ha predetto a Orban che farà la fine del Pis di Jaroslaw Kaczinsky, scalzato dal governo a Varsavia da una coalizione guidata dalla Piattaforma Civica di Donald Tusk. Orban “rappresenta il passato”, mentre Peter Magyar, presidente di Tysza ed eurodeputato del Ppe, “è il futuro” e “batterà” Fidesz alle prossime elezioni, ha previsto. Lo stesso Magyar, primo eurodeputato ‘semplice’ ad intervenire in Aula dopo i capigruppo, ha detto che l’Ungheria per colpa di Orban è diventato “il Paese più corrotto e povero dell’Ue”. Weber ha ricordato al premier che, in un decennio, “400mila ungheresi” sono emigrati, stufi della “corruzione” imperante nel Paese. Gli ha rinfacciato la visita al presidente Vladimir Putin di inizio luglio, poche ore dopo la quale i russi hanno “bombardato un ospedale per bambini”. E ha ironizzato sui Patrioti, il gruppo creato con il Rassemblement National francese, la Lega e altri, rammentandogli che il leader del Pvv olandese, Geert Wilders, è diventato “famoso” a sud delle Alpi per aver dichiarato pubblicamente che “neanche un centesimo dell’Ue deve andare a sostegno dell’Italia”. Chissà, ha aggiunto, “se Matteo Salvini ne ha discusso con lui”.  La capogruppo dei Liberali di Renew Europe, la francese Valérie Hayer, ha detto che “è ora di sospendere il diritto di voto dell’Ungheria nel Consiglio Ue”, mentre la socialista Iratxe Garcia Perez ha chiesto al politico magiaro se sia consapevole dei “danni” che provoca nelle società “seminando l’odio verso chi è o si sente diverso”. Anche il copresidente dell’Ecr Nicola Procaccini di Fratelli d’Italia, dopo aver sottolineato le consonanze con i Patrioti in materia di migrazioni e Green Deal, ha fatto notare a Orban, sia pure “da amico”, che sembra ignorare “il quartetto del caos”, formato da Russia, Cina, Iran e Corea del Nord, un “nemico esterno” dell’Europa, contro il quale i Conservatori sono determinati a lottare, per difendere gli stessi “valori” per cui morirono i “ragazzi di Buda” nel 1956. A riprova, se ce ne fosse bisogno, che la faglia prodotta nelle destre europee dalla guerra in Ucraina non si è affatto chiusa.  Per Orban, quella scatenata dai capigruppo è solo una “Intifada politica”, che non fa altro che “ripetere le menzogne della sinistra”. Il premier si è detto anche “sorpreso” per l’intervento della presidente della Commissione, assai critico nei confronti dell'Ungheria. “Volevo parlare del programma della presidenza, ma vedo che non vi interessa”, ha constatato. Per Orban von der Leyen, attaccando uno Stato membro che ha la presidenza in un’occasione simile, trasforma la Commissione da “guardiano dei trattati” a “strumento politico”.  Secondo il premier, il 1956 ungherese “non c’entra nulla” con la guerra in corso in Ucraina. Il fatto è, aggiunge, che l’Ue si ritroverà “dalla parte dei perdenti”, a causa della “strategia perdente” della Commissione. “Se continuiamo così – ha avvertito – perderemo. In tutte le guerre occorre la diplomazia: se la trascuriamo, moriranno ancora più persone”, ha detto, ribadendo che “non esiste soluzione sul campo di battaglia”. Orban ha poi ascoltato gli interventi degli eurodeputati.  Tra i numerosi accenni critici, la Germania, Paese che ha stretti legami economici con l'Ungheria, si è distinta per vigore. Il liberale tedesco dell’Fdp Moritz Heimo Koerner ha definito Orban “l’utile idiota di Putin” e lo ha accusato di aver trasformato l’Ungheria in una “Repubblica delle banane”.  Il verde Daniel Freund, anch'egli tedesco, lo ha chiamato “dittatore” (lo stesso appellativo con cui, scherzosamente, lo salutava Jean-Claude Juncker) e lo ha accusato di essere il politico “più corrotto” d’Europa. Orban gli ha risposto dicendo che è più “corrotto” lui, perché percepirebbe “soldi” da George Soros, il finanziere nato a Budapest e naturalizzato statunitense, di origini ebraiche, diventato il bersaglio preferito dell’estrema destra.  Tra i tanti interventi, l’eurodeputata di Avs Ilaria Salis (gruppo The Left), che in Ungheria è stata detenuta “per 15 mesi” in condizioni “durissime”, ha ribadito in Aula che il Paese danubiano è diventato uno Stato “etnico” e “autoritario” e che consentire a Budapest di detenere la presidenza Ue a rotazione è “altamente inappropriato”. Salis ha anche accusato Orban, tra le altre cose, di prendere di mira lo “Stato di diritto”.  Il leader di Fidesz, politico navigato a differenza della deputata monzese che viene dalla militanza nell'estrema sinistra ed è alla prima legislatura, non si è lasciato sfuggire l’appiglio: "Trovo assurdo – ha detto – che qui al Parlamento Europeo, alla plenaria, dobbiamo ascoltare tutti insieme un intervento sullo Stato di diritto dell'onorevole Ilaria Salis, che aveva picchiato con sbarre di ferro persone pacifiche”, due militanti di estrema destra, “per le strade di Budapest. E qui parla di Stato di diritto?”.   —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)