La seconda sconfitta consecutiva del Vicenza, stavolta al Menti contro il Parma, non complica più di tanto la rincorsa ad un posto nei play out, che restano ormai l’ultima chance per centrare la permanenza in categoria. La prospettiva di salvarsi attraverso uno spareggio è ad altissimo rischio e rispecchia un campionato talmente negativo che ormai non ci sono più aggettivi per definirlo.
Ma la struttura della coda della classifica è tale che ne risulta un mini campionato a parte: cinque squadre occupano le posizioni da cui scaturiranno, a fine calendario, le quattro retrocesse e per il Vicenza il distacco dalla zona salvezza, pur non essendo ancora incolmabile, sta diventando corposo.
Le cinque “finaliste al contrario” si equivalgono sia nella (scarsa) qualità che nella capacità agonistica (altrettanto modesta) e i numeri lo dimostrano: sono quelle, nel girone, che hanno subìto il maggior numero di sconfitte e, specularmente, riportato il minor numero di vittorie; sono anche quelle che hanno segnato di meno e che, invece, hanno incassato più gol. È, insomma, un pacchetto di squadre che si stacca in peggio motivatamente dalle altre quindici e non è certo scandaloso che ne debbano finire quattro in Lega Pro.
Il Lane è l’unico del gruppo delle possibili retrocedenti che, a inizio stagione, era pronosticato in grado di conquistare almeno un posto nei play off e il suo piazzamento attuale risulta, perciò, ancora più inspiegabile. Come si è riusciti a trasformare una rosa, che tutti gli esperti di mercato aveva quotato fra le top del campionato, in una banda di mediocri e perdenti? Temo che la domanda resterà senza risposta anche a bocce ferme perché, alla radice di questa bocciatura, non può esserci solo una valutazione sbagliata bensì, piuttosto, qualcos’altro di più profondo e non apparente, magari a un livello diverso da quello del campo. E questo quid, con ogni probabilità, resterà riservato e recluso negli uffici e nello spogliatoio.
L’ulteriore stranezza di quanto sta vivendo la squadra allenata da Cristian Brocchi sta nel fatto che la sessione invernale di calciomercato, con i suoi nove acquisti, non ha portato alcun cambiamento radicale né nella qualità né nell’agonismo dei biancorossi. I difetti riscontrati nella prima parte del campionato sono, infatti, proseguiti come se niente fosse dopo gennaio: non c’è stata la sequenza di vittorie che ci si aspettava con il cambio degli interpreti, ma solo un “andamento lento” che consente al Lane di avere ancora qualche chance (almeno matematica) di giocarsi la salvezza in extremis e ciò solo perché le immediate concorrenti non fanno meglio.
A ben guardare, dei nuovi giocatori arrivati a Vicenza, solo tre hanno finora dato un apporto migliorativo. Metterei in testa, in questa specifica classifica di rendimento, i due mediani: Janio Bikel e Michele Cavion hanno il minutaggio più alto fra i nuovi centrocampisti e, per le loro caratteristiche, hanno permesso a Brocchi di adottare un modulo diverso che, in effetti, ha dato un assetto più concreto al reparto. Bikel è più portato all’incontro e ha il suo limite in un gioco troppo ruvido, Cavion è più completo del compagno e sa anche proporsi nell’area avversaria (due gol). L’altra new entry che merita un posto in alto è il portiere Nikita Contini che ha saputo inserirsi senza riserve dando sicurezze a una difesa individualmente e complessivamente insicura. Molto reattivo e completo, Contini è diventato subito l’idolo dei tifosi anche perché è molto diffusa (e non proprio fondatamente) la sfiducia verso l’ex-titolare Grandi. Sufficienza anche per il centrale difensivo Sebastien De Maio, che vanta il minutaggio più alto: non ha risolto i problemi del reparto arretrato (e, da solo, nemmeno avrebbe potuto) ma un po’ di esperienza e fisicità le ha aggiunte. Ha mosso qualche perplessità con alcuni occasionali errori personali, sennò meriterebbe un voto più alto.
Con questi tre giocatori si chiudono le positività del Vicenza. Fra gli insufficienti metterei, prima di tutti, il centravanti Teodorczyk perché non ha centrato il compito per cui era stato ingaggiato e cioè portare altri gol. Il suo curriculum non lo qualificava certo come bomber ma non si può proprio dire che sia un attaccante d’area. Lavora, è vero, per la squadra (forse perché è questo che gli si chiede) ma, dal giocatore che spesso è stato la punta principale se non l’unica, ci si aspettava ben altro.
Da Cruz mi ha deluso. Mi aspettavo un giocatore di ben altro spessore e, invece, si è visto sì un talentuoso ma anche un discontinuo e un solista. Forse non è stato utilizzato sempre nel suo ruolo naturale, ma, anche quando ha fatto il trequartista, ha dato meno del previsto. Charles Boli ha giocato pochissimo e, se gli sono stati preferiti altri, qualche ragione ci sarà pure. Come esterno offensivo non vale certo di più di Giacomelli e Dalmonte. Lukaku avrebbe potuto essere l’uomo in più ma è stato un acquisto sbagliato sotto il profilo sanitario e il deficit del terzino sinistro è rimasto tale. L’arrivo di Christian Maggio è un mistero perché è difficile spiegarsi quale possa risultare il suo contributo a quarant’anni e dopo otto mesi di inattività. Forse serviva un giocatore-bandiera ma lui non ha certo un passato biancorosso che lo renda tale.
Un mezzo fallimento, insomma, questo calcio mercato del Vicenza firmato da Federico Balzaretti. E ci si ritrova, dopo il doppio stop ravvicinato con Monza e Parma, ancora alle prese con le vecchie incognite. Ha detto bene Brocchi, nel dopopartita: “fino all’ultima giornata ci sarà da battagliare in ogni singola partita per arrivare alla salvezza”.