Il sindaco uscente Francesco Rucco ha aperto di fatto la campagna elettorale per le comunali 2023 con la convention “Think!”, in cui ha sviscerato una sua visione della Vicenza del futuro che ha il valore di un programma elettorale a cui manca solo la firma del candidato. E il Partito Democratico? Chi si attendeva una replica forte, concreta e immediata è rimasto deluso perché il PD vicentino è rimasto ancora una volta al coperto, limitandosi a cofirmare una nota congiunta con le altre minoranze, in cui critica l’evento organizzato da Idea Vicenza. Pochino, verrebbe da commentare, per il secondo partito della città e capofila dell’opposizione.
Ma non c’è da stupirsi: la tenue reazione dei piddini vicentini è in continuità con una linea d’azione di basso profilo, che ha portato il partito a perdere immagine e peso politico pur mantenendo una quota di elettorato che si attesta attorno al 20%. Nelle Comunali del 2018 aveva contribuito con il 23, 85% alla mancata elezione di Otello Dalla Rosa, nelle Regionali del 2020 il successo personale di Giacomo Possamai aveva messo in secondo piano il calo di voti al 20,06% e, infine, la marginale crescita al 21,3%, registrata alle Politiche del 25 settembre, aveva evitato il temuto tracollo. In tutto questo trend, il PD è rimasto la seconda forza politica della città oltre che, di gran lunga, il maggior gruppo di opposizione.
L’azione politica non è, però, stata all’altezza del ruolo e della consistenza elettorale. Perso il suo leader Achille Variati, che, dopo tre quinquenni da sindaco, ha scelto altre strade prima come sottosegretario nel Governo Conte 2 e, ora, come parlamentare europeo subentrato a Carlo Calenda da primo non eletto, il PD vicentino s’è trovato improvvisamente acefalo. Dopo dieci anni di amministrazione comunale, stare all’opposizione non è facile, ancor di più se il tuo candidato sindaco (Dalla Rosa) si dimette da capogruppo appena un anno dopo le elezioni. Si crea così un vuoto di leadership che dovrebbe essere fronteggiato in primis dal segretario cittadino Federico Formisano il quale, invece, preferisce lasciare il proscenio alla capogruppo in Consiglio comunale Isabella Sala.
Nella scorsa primavera si comincia a parlare sottovoce (non sia mai!), della candidatura di Possamai – che nel frattempo è diventato capogruppo in Consiglio regionale – a sindaco di Vicenza. Essendo il giovane politico iscritto al PD, oltre che pupillo del segretario nazionale Enrico Letta, la notizia, mai per altro confermata, rilancia l’evanescente partito cittadino, ma solo momentaneamente perchè arriva subito un’altra mazzata: Per una Grande Vicenza. Fondatori dell’associazione sono Dalla Rosa e due consiglieri comunali del PD: Cristiano Spiller (il secondo dei più votati dopo Isabella Sala: 11.173 voti, 514 preferenze personali) e Alessandra Marobin (11.005 voti, 346 preferenze). Il 26 giugno Dalla Rosa annuncia che se ne va dal PD (“ormai è un partito ingessato”) e, due giorni dopo, si costituisce il gruppo consiliare “Per una grande Vicenza” che, praticamente, dimezza il gruppo PD.
Un altro passaggio critico il partito lo deve affrontare in occasione delle Politiche, perché dapprima sembra perdere il suo cripto-candidato sindaco Possamai, destinato a un seggio alla Camera, e, poi, quando questi rinuncia, si trova paracadutato come capolista niente meno che il segretario nazionale Enrico Letta. Il che esclude, visti anche i pochi posti a disposizione del PD nel collegio, la possibilità di avere un parlamentare vicentino.
Letta apre la campagna elettorale proprio a Vicenza il 30 agosto e si ripresenta in città un mese e mezzo dopo, il 17 settembre, all’assemblea di Confindustria. Da allora però scompare, in tutt’altre faccende affaccendato essendo segretario dimissionario e organizzatore del convegno di marzo 2023 di rifondazione del partito. Ricompare improvvisamente sulla scena vicentina settanta giorni dopo, il 26 novembre. L’appuntamento è semi-clandestino, non sono invitate tutte le testate (ViPiù non è fra queste) e le dichiarazioni di Letta nell’occasione non restano memorabili. Pur essendo un parlamentare eletto a Vicenza, in chiave locale si limita a un accenno alla Tav e a un rilancio, molto scontato, della candidatura di Possamai a sindaco.
Che la riapparizione di Letta in città coincida con la celebrazione della convention del Centrodestra sembra del tutto casuale e il basso profilo dato all’appuntamento dal PD della città (a maggior ragione confrontato con la magnificenza del successivo evento rucchiano) toglie ogni sospetto di una strumentalità diretta a rosicchiare l’attenzione da “Think!”.
Nel frattempo, il Partito Democratico traccheggia, rimanendo sullo sfondo del dibattito politico sui grandi temi dibattuti negli ultimi mesi, dalla Tav alla Compago ai parcheggi, in cui rimane vassallo delle iniziative ben più efficaci e comunicative degli altri gruppi di minoranza e delle associazioni (future liste civiche) di opposizione. Sembra che ognuno, nella componente vicentina del partito fondato da Romano Prodi, vada per conto suo cercando di occupare spazi senza un coordinamento e una visione. Si aspetta Possamai, che da parte sua potrebbe annunciare il suo sì alla candidatura solo a gennaio dell’anno prossimo, e, forse, non si sa chi comanda davvero oggi nel PD di Vicenza.
Ci si limita, quindi, a fare opposizione quasi in sordina e solo in replica alle iniziative dell’amministrazione o aderendo a quelle dei compagni di strada di minoranza, che però si sono ormai presi il merito di aver focalizzato l’attenzione dei cittadini su casi scottanti come l’acquisto di Compago (Per una Grande Vicenza) e la “farfalla di scavalco” di Settecà (Rigeneriamo Vicenza e Gruppo misto). Per il PD parla poco anche Possamai che preferisce esternare su temi regionali e i portavoce del partito sono i consiglieri comunali, a cominciare da Isabella Sala. Se, poi, perfino il parlamentare eletto a Vicenza è praticamente come non ci fosse, il quadro non brillante del Partito Democratico in città assume tonalità crepuscolari.