Nei primi 5 giorni di maggio sono morti 13 lavoratori nei luoghi di lavoro. Da inizio anno sono 222 (oltre 400 considerando anche i decessi in itinere). Un massacro senza tregua che imporrebbe decisioni e azioni incisive. Che contrastino concretamente questa carneficina ormai diventata endemica.
E invece ci sono solo qualche dichiarazione di solidarietà e alcuni gesti simbolici. Qualcosa di inutile e inconsistente.
Di concreto rimane lo schiagurato taglio del 30% delle tariffe dell’INAL e l’entusiasmo del vicepresidente del consiglio e ministro del lavoro Luigi di Maio per “il minor costo del lavoro” del quale avrebbero beneficiato aziende e imprenditori. Meno soldi a chi deve controllare le condizioni di sicurezza di chi lavora.
E altre “cose concrete” arrivano da Vicenza con la proposta di CGIL-CISL e UIL di creare un sito Web assieme a Confindustria sulla questione della sicurezza bei luoghi di lavoro. Una proposta che si potrebbe definire, a voler essere buoni, inadeguata e tragicamente risibile.
Che dire? Non si potrebbe, invece, pretendere di aumentare gli investimenti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro? Assumere, magari, personale addetto alla prevenzione e ai controlli nei luoghi di lavoro? Promuovere e pianificare la ricerca e l’innovazione tecnologica indirizzandola a sviluppare apparecchiature e metodi di produzione sempre più sicuri per lavoratrici e lavoratori? E, anche, ripristinare e aumentare le sanzioni a chi non garantisce una normale sicurezza di chi lavora?
Forse non si fanno questi “passi” perché si ha paura di “aumentare” i costi delle aziende e degli imprenditori? E domandiamoci se sia possibile quantificare in denaro la vita e la salute di chi vive del proprio lavoro, di qualsiasi essere umano. E se questo “baratto” tra salute e profitto non sia da considerarsi qualcosa di profondamente ingiusto e spaventoso.