Avere paura della morte significa comprendere il significato della vita e vivere intensamente ogni singolo istante.
Cosa ci chiedevamo da bambini per capire chi era il più forte del gruppo?
Cosa ci chiediamo tra innamorati per poterci proteggere?
Cosa ci chiede qualsiasi psicologo per inquadrare la nostra personalità?
Beh, spesso la fatidica domanda è “Di cosa hai paura?”.
Per conoscere una persona cerchiamo sempre di capire cosa le piaccia e ciò che odia, ciò che le fa paura.
Alla domanda: “cosa ti piace ?”, rispondiamo quasi tutti nello stesso modo: la musica, il calcio, leggere, la danza, il cibo della nonna.
Dopotutto sono tutte cose create per piacere, per allietare… come si può avere paura del calcio ad esempio?
L’odio e la paura, invece, sono due sentimenti molto forti, più soggettivi: io posso avere una paura “tipica” come quella degli insetti, degli spazi chiusi o del vuoto, ma anche “atipica” e molto più complessa, come del colore rosso, dei conigli o dei palloncini ad esempio; eppure credo che tutti noi, chi più chi meno, abbiamo in fondo in fondo una paura in comune, che sembrerebbe anche la più ovvia delle paure: la paura della morte.
La morte è un argomento difficile da affrontare in un articolo come questo, ma oggettivamente è vero: la morte fa paura, punto.
Pensare che la cosa più misteriosa, universale, tragica e affascinante che conosciamo sia assolutamente imprevedibile, personalmente mi disarma. È così inevitabile, può arrivare in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione.
Forse per alcuni non sarà così, ma a molti sarà già capitato di sognare o di visualizzare per un istante la morte di qualcuno quando succedono certe cose o quando si allontana di noi.
Anche il ricordarsi di un defunto con dispiacere è in un certo modo una paura, paura di dove sia, ora che è scomparso dal nostro mondo, di come sarà la vita senza di lui, di cosa ci avrebbe potuto dire prima di andare; perché se la morte fosse, come la danza, creata per rallegrare, allora non ci sarebbe ragione di rammento.
A volte capita che quando mia madre va semplicemente a fare la spesa, involontariamente creo immagini di un incidente, un rapimento, un’esplosione nucleare… dopotutto, ed è qui la triste verità di questo articolo, ad Hiroshima nessuno si aspettava veramente di morire in quel momento, eppure i 43 secondi di caduta della bomba sono stati gli ultimi 43 secondi di tante mamme come la mia e tanti figli come me, tra cui magari un paio avranno avuto come ultimo pensiero “addio mamma, ti voglio bene”.
A volte questa paura ci salva la vita, a volte ci rende solo più paranoici, ma altre volte ci permette, per una triste coincidenza, di dire veramente addio.
Di Iris Tamborero della classe 2A. Qui l’altro articolo di Iris sulla Misantropia.
Mi chiamo Iris Tamborero, ho 15 anni e frequento il Liceo Scientifico “Da Vinci” di Bisceglie. Ascolto musica giorno e notte e ho un punto di vista del mondo in generale diverso dai miei coetanei. Non ho la minima idea di cosa voglio fare da grande perché tutto mi interessa e mi incuriosisce, sono ancora alla ricerca di una passione assoluta, ma so che imparare di più su ciò che mi piace è la strada giusta.