Il professore in pensione Luciano Parolin, anni fa candidato segretario del Partito Democratico di Vicenza, rilancia, in questi giorni concitati per il partito (prima le discussioni sulla scarsa presenza femminile dem nel governo Draghi, poi le dimissioni di Zingaretti per eccesso di caccia alle “poltrone”), una sua proposta, già presentata al PD, per avere dei politici che da un lato non siano calati dall’alto e dall’altro siano competenti e preparati. “I partiti non conoscono i loro associati. I segretari non hanno intenzione di fare liste democratiche per competenti. Le liste sono bloccate. Sarebbe opportuno disporre di personale che abbia voglia di partecipare alla vita pubblica candidandosi” afferma Parolin.
Ma chi valuta le candidature?
Parolin propone di “creare una commissione elettorale onde stilare una graduatoria permanente da cui estrarre i componenti per una lista da presentarsi in tutte le tipologie elettorali. I candidati dovrebbero avere le seguenti caratteristiche: avere titoli ed una preparazione politica, culturale, storica da valutare. Conoscenza del territorio, buon inserimento nella società cittadina. I candidati non devono essere in conflitto d’interessi.
Il sistema di valutazione si chiama rating ed è un metodo utilizzato per classificare praticamente tutto. I rating sono periodicamente pubblicati da agenzie specializzate. In Italia esistono graduatorie permanenti o ad esaurimento, per molte situazioni: posti di lavoro nella scuola ed altri enti, assegnazione di case popolari, assegnazione di contributi sociali e molto altro. La valutazione pubblica avviene: attraverso un voto espresso in numeri (su base 100) con il quale il comitato, il consiglio, la commissione o altro, stabilisce una graduatoria di merito per i titoli dell’aspirante per entrare nella lista da cui, si andranno a scegliere i nominativi da inserire, in base ad una graduatoria scientificamente organizzata, facilmente leggibile, trasparente e resa pubblica. Alla fine di ogni anno solare, i candidati che intendono aumentare il proprio punteggio ed avanzare in graduatoria, si devono sottoporre ad un esame il cui voto massimo sarà 10. Gli argomenti trattati all’esame saranno preparati dalla Commissione“.
Ma così non si torna a una politica elitaria, non accessibile a tutti, e quindi poco democratica? Un operaio o una casalinga possono votare ma non candidarsi?
“Mi sono occupato di assegnazione posti in provveditorato agli studi dove c’è una graduatoria per titoli ed esami. Nella scuola servono i titoli, per fare l’assessore alla cultura serve preparazione, gli operai sono sempre stati rappresentati in politica, ma ci vuole conoscenza della città. Mi ricordo di un’ex assessore donna che non sapeva dov’è strada Porciglia“.
Quindi la questione non è la laurea, ma valutare la conoscenza della città di chi vuole candidarsi, con dei test.
“Ci devono essere graduatorie, il metodo scientifico è l’unico modo per avere una politica diversa da quella attuale, fatta di raccomandazioni e amicizie e non competenze, politica vuol dire amministrare con competenze tecniche. Ci sono assessori che non sanno leggere un bilancio”.
Tra i criteri attuali per essere candidati, che lei critica, oltre alle simpatie personali ci sono anche le cosiddette quote rosa.
“Io dico no alle quote rosa, quelli che hanno fatto fuori Rosy Bindi magari non hanno nemmeno mai letto lo statuto del PD, che è bellissimo e contiene già tutto quello che bisogna fare. No all’obbligo del 50% di presenza femminile, il tema deve essere solo quello della competenza. Sono i partiti a dover stabilire le regole per scegliere i migliori. I candidati devono presentare un curriculum. Perchè fissare un diritto per le donne in quanto donne?”