Il contratto che regola la concessione per 39 anni della Pedemontana Veneta «non prevede un meccanismo di riequilibrio a favore della Regione nel caso in cui i volumi di traffico si rivelino inferiori alle stime». E in partenza, per la sola mancata interconnessione con la A4 a Montecchio Maggiore, Palazzo Balbi dovrà fare i conti con un meno 13% del traffico rispetto al punto di equilibrio economico-finanziario stabilito. l’allarmePur dando atto dei progressi compiuti con la firma del Terzo atto convenzionale, la Corte dei Conti rileva come «tale lacuna espone potenzialmente la Regione a un esborso considerevole nel momento in cui si dovesse divaricare la forbice tra quanto è chiamata a corrispondere a titolo di canone e quanto è destinata a incassare con i pedaggi».
Il meccanismo previsto dal project financing è questo. Il privato (Superstrada Pedemontana Veneta Spa, che fa capo alla Sis della famiglia Dogliani) sta realizzando l’opera (2,26 miliardi il costo) investendo soldi suoi ma contando anche su un contributo pubblico di circa 935 milioni. In cambio gestirà la superstrada a pagamento per 39 anni e riceverà un canone annuo dalla Regione. Questa ultima, di contro, incasserà i soldi dei pedaggi generati dal traffico in transito che sono stati stimati all’atto della firma del contratto. Il saldo finanziario presunto in favore della Regione (pedaggi incassati meno il canone versato, si veda la tabella in pagina) è stimato al termine dei 39 anni in circa 143 milioni di euro.
Il problema è che i 27 mila veicoli giorno in transito sulla Pedemontana una volta ultimata (ovvero il punto di equilibrio in grado di permettere alla Regione di pagare il canone e avanzare risorse da reinvestire) sono stati stimati nel 2017 tenendo conto della completa interconnessione dell’opera con la A4 (casello di Montecchio Maggiore) e dell’adeguamento della velocità di percorrenza dagli attuali 110 km orari a 130 km all’ora. Ma l’interconnessione è prevista per metà giugno 2023, in ritardo di oltre un anno dalla data di completamento della Pedemontana (febbraio 2022) e l’iter per l’adeguamento della velocità è avviato ma non definito. La sola mancata connessione con la A4 e il disallineamento dei tempi di realizzazione del raccordo rispetto all’entrata in esercizio della Pedemontana genereranno una diminuzione «del 13% sulle stime di traffico» contenute nel piano economico-finanziario. Senza contare che ora si è aggiunto anche l’impatto sul traffico su gomma determinato dalla pandemia.
La Sezione regionale di controllo per il Veneto della magistratura contabile, oltre che al monitoraggio dei ritardi nella realizzazione dell’opera, raccomanda alla Regione di procedere a «un’approfondita verifica sull’attuale attendibilità delle stime di traffico». Anche perché, allo stato, esiste «un significativo margine d’incertezza incidente sul valore dell’investimento e sull’idoneità dell’opera a generare i corrispondenti flussi di cassa». «Ho colto positivamente la relazione della Corte dei Conti» è la replica dell’assessore regionale Elisa De Berti. «C’è la conferma che il Terzo atto convenzionale era dovuto, la responsabilità che ci siamo assunti con la firma è stata quella di riequilibrare il contratto ed evitare che si fermasse tutto. L’alternativa era lasciare un’incompiuta. Certo ci viene chiesto di monitorare i flussi di traffico, è fondamentale e lo facciamo. Ma il riequilibrio rispetto alla modifica dei flussi è oggi, ad esempio, più impellente per quanto riguarda il trasporto ferroviario regionale». Rispetto al rilievo della Corte sulla mancanza di un meccanismo di riequilibrio del rischio traffico, De Berti conclude: «Il project prevede che due dei tre rischi siano in capo al privato, e così è. Va detto anche che diversamente da altre situazioni, la Regione è stata lasciata da sola nella soluzione del problema e ha fatto il possibile. Facile sciogliere i nodi con l’intervento dello Stato come accaduto in altri project, Orte-Mestre o Ragusa-Catania ad esempio, salvando così l’investimento infrastrutturale».
Matteo Marian sul Mattino di Padova