
Le olimpiadi sono andate, attendiamo ora con la stessa partecipazione ed entusiasmo le paralimpiadi che inizieranno il 28 agosto, sempre a Parigi. Naturalmente, come la maggior parte degli italiani, ho seguito, anche se solo a tratti, vista anche la mia attività da chirurgo al S. Bortolo oltre che l’impegno politico come presidente del Consiglio Comunale di Vicenza, l’evento sportivo mondiale da poco concluso.

Anch’io ho gioito di alcune situazioni, ho provato vicinanza, trasporto, simpatia, ammirazione in alcuni casi, fastidio, imbarazzo, incredulità, tristezza in altre occasioni, per le persone che hanno partecipato o semplicemente orbitato attorno a questa manifestazione utilizzandola per i più svariati fini, più o meno nobili.
Questo ha fatto sì che molti dei miei pensieri, siano andati a questioni extra sportive ed oltre l’evento delle Olimpiadi in sé.
È naturale che la cassa di risonanza maggiore dell’evento siano stati i social e la stampa attraverso tutti i suoi canali più o meno evoluti: i pensieri e le reazioni ci arrivano da questi canali ed in questi canali, in molti, riversiamo anche le nostre emozioni o meglio la nostra emotività.
Io vivo nel dilemma perenne di quanto il mondo “etereo” rappresenti in maniera fedele e democratica (maggioritaria) il mondo reale, un dubbio amletico che nessuno riesce a risolvermi: ciò che leggiamo e scriviamo sui social è veramente ciò che siamo o almeno rappresenta veramente la maggioranza di noi nei modi e nei contenuti?
Anche se ho una speranza nella mia mente, non ho una risposta sicura a questa domanda. Devo, perciò, partire da dei dati oggettivi: è chiaro che il mondo della comunicazione si muove come se il mondo “etereo” e quello reale coincidessero, ergo proprio in questo universo comunicativo provo a districarmi e a fare qualche pensiero.
Sono state migliaia le fotografie di atleti utilizzate e postate per i più svariati motivi, qualcuno lo ha fatto per vero trasporto sportivo ed umano, qualcun altro per contabilizzare visualizzazioni e like sul proprio profilo, qualcun altro ha trascinato questi visi, questi corpi, queste istantanee di momenti sportivi delle Olimpiadi a supporto di ideologie completamente avulse dalla manifestazione sportiva, anzi spesso in palese contraddizione con lo storico “spirito olimpico”.
Naturalmente e comprensibilmente una folla indignata si è scagliata contro il politico, il giornalista, l’influencer di turno che hanno violato la purezza sportiva dell’evento manipolandolo al servizio di un pensiero aberrante e ritenuto inaccettabile.
Al di là di una reazione istantanea di pancia che ci fa sobbalzare sulla sedia e poi aggredire nervosamente la tastiera attraverso la quale vomitare tutto il nostro disprezzo e la nostra protesta nei confronti del presunto razzista, sessista, omofobo, o semplice cafone di turno, quello che ci manca è la lucidità di comprendere che se quel politico è stato eletto con il voto democratico, se quel giornalista è seguito, ascoltato e letto, se quell’influencer ha migliaia di followers è perché le loro idee sono diffuse, condivise o almeno tollerate e non ritenute offensive, gravi, pericolose.
Ciò che dobbiamo fare non è cercare di demolire i simboli di ideologie che riteniamo sbagliate con la rabbia ed il furore di un’aggressione verbale, perché i simboli vengono rapidamente sostituiti, il nostro obiettivo deve essere quello di smontare quotidianamente con pazienza queste ideologie nella vita reale.
Non è la rabbia che abbatte i simboli sbagliati, è la perseveranza che toglie sotto i loro piedi il terreno su cui si ergono a censori, per questo serve lungimiranza ed astuzia.