Perché siamo attratti da titoli funesti e brutte notizie? Agorà. La Filosofia in Piazza: il fenomeno del doomscrolling

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Doomscrolling
Doomscrolling

Di cosa nutriamo la nostra mente? Prestiamo attenzione al regime alimentare del nostro intelletto o lo sottoponiamo, invece, ad una bulimia mediatica?

Nel corso dell’ultimo anno è emerso con forza un fenomeno definito doomscrolling o doomsurfing: il consumo eccessivo di notizie negative attraverso lo schermo di uno smartphone o di un computer. Dall’inglese doom, “condanna, sorte avversa, sventura”, e scroll, “scorrere (verso il basso)”, o surf, “navigare (in rete)”, l’azione di “ingerire” informazioni drammatiche e angoscianti ha già iniziato a mostrare i suoi effetti nocivi sul nostro benessere mentale.

La pratica dello scorrimento o della navigazione infiniti, in apparenza una novità sorta nel corso dell’ultimo anno, in realtà affonda le proprie radici nella cosiddetta mean world syndrome degli anni Settanta. Si tratta della convinzione secondo la quale il mondo è un posto più pericoloso di quello che effettivamente è, causata, all’epoca, da una prolungata e continua esposizione a contenuti violenti trasmessi in televisione. Col passare degli anni, tale fenomeno si è trasferito dallo schermo televisivo a quello dei computer e degli smartphone, e si è allargato a comprendere indistintamente tutte le notizie negative che circolano in rete. I social network, poi, non hanno fatto altro che aumentarne in modo esponenziale la portata.

Con la pandemia, la pratica del doomscrolling ha visto una straordinaria impennata, direttamente proporzionale sia alla quantità di brutte notizie diffuse sia alla limitazione delle attività di svago. Insomma, più ci siamo trovati confinati in casa incollati ad uno schermo, più abbiamo corso il rischio di cadere nel tunnel del doomscrolling.

Ma perché la nostra attenzione è catturata quasi morbosamente da titoli funesti e annunci tragici?

Numerosi studi di psicologia hanno da tempo rivelato che la predisposizione a selezionare le notizie cattive su quelle buone sarebbe direttamente collegata al bisogno atavico dell’uomo di scovare minacce nell’ambiente che lo circonda, al fine di proteggersi da un eventuale pericolo. Inserito nella dimensione digitale e mediatica, tuttavia, tale comportamento rischia di degenerare in un’ossessione, alimentata dagli stessi algoritmi che stanno alla base dei social network, concepiti per fare leva sulle emozioni forti, specialmente quelle negative, le più efficaci in termini di assuefazione.

Le bacheche sono pozzi senza fondo: si continua a scorrere meccanicamente verso il basso, senza mai giungere ad una fine, innescando la frustrazione di non riuscire ad aggiornarsi in modo adeguato e soddisfacente.

Si entra, quindi, in un circolo vizioso che si autoalimenta: nel tentativo di raccogliere più informazioni possibili al fine di tutelarsi, si finisce solo con l’accumulare una massa di dati che non si è in grado di elaborare con spirito critico. Nel doomscrolling, spesso, non ci si sofferma nemmeno a leggere per esteso le notizie che si trovano in rete; ci si limita a scorrere compulsivamente una serie infinita di post.

Oltre a rendere schiavi dello schermo, la pratica dello scorrimento infinito rischia di danneggiare anche il benessere digitale e cognitivo dell’individuo. Ricordiamoci che gli algoritmi dei social e del web analizzano le nostre abitudini per poi proporci contenuti progressivamente più aderenti al nostro profilo virtuale. Di conseguenza, magari senza accorgercene, ci ritroviamo a razzolare sempre nello stesso recinto, illudendoci di spaziare invece in vaste praterie. E ciò può contribuire ad acuire un processo mentale che prende il nome di “bias di conferma”, ovvero la propensione ad attribuire maggiore credibilità alle informazioni che avvalorano le proprie convinzioni e a sminuire quelle che le contraddicono.

Come difenderci o disintossicarci dal doomscrolling?

Per riprendere la metafora alimentare iniziale, curando la nostra “dieta” digitale e mediatica, sia in termini di quantità che in termini di qualità, e ricordandoci che i mezzi di cui disponiamo – dal cibo alla tecnologia – sono intrinsecamente neutri: siamo noi che decidiamo se farne o meno buon uso!!!


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a cura di Michele Lucivero

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