Perdere un padre è la cosa più naturale per un figlio. È scritto se non nei casi in cui è il padre a perdere il figlio prima che si compia il percorso tipico della vita. È la più naturale ma non per questo la più attesa specialmente quando il padre vuole così tanto vivere che a 91 anni si rompe un femore e, nonostante i tanti acciacchi dell’età, vuole rimettersi in piedi e ci riesce. Specialmente quando quando il padre perde l’udito ma non la capacità di risolvere derivate e integrali di sicuro in gara con i migliori studenti di oggi, ai cui padri se non nonni, ha insegnato matematica e fisica ma spesso in competizione con i due nipoti, miei figli, due ingegneri preparati (di grande talento dicono i loro supervisor nelle due big web company in cui lavorano in Usa), a cui rimproverava di usare i computer e non le tavole logaritmiche.
Perdere un padre, come una madre, è nella natura umana, ma quando perdi tuo padre soffri di più perchè capire il dolore altrui è normale, sopportare quello proprio è sovrumano.
Eppure prima di perderlo ti sembrava sovrumano sopportare le sue volontà, non sempre in linea con i tuoi progetti giovanili, maturi e, perchè no, para senili, di sicuro più avventati dei suoi, reduce da un campo di concentramento, professore di vita democratico con tutti, despota con i suoi figli, ma affettuoso solo finchè gli davi ragione.
Non voleva mio padre, pur non sapendolo o non ammettendolo con se stesso, che seguissi quella che mi sembrava la mia strada iniziale.
O, meglio, volendo percorrere con le mie gambe le strade che lui non aveva potuto calpestare, mai chiedendosi (allora come poi) se i suoi sogni erano i miei, mi negò l’unico vero aiuto che gli chiesi appena laureato, più che lecito ovviamente perchè per lui l’onestà era un valore che veniva prima di tutto, anche della famiglia.
Me lo negò, la mia vita prese altre strade, le mie non le sue, anche se non percorsi la via allora per me maestra, non so e mai saprò se migliore o peggiore, comunque.
Ma oggi, attenuato lo stordimento che mi ha preso ieri, vi dico che perdere un padre non è la cosa più naturale per un figlio ma è un episodio traumatico e unico per tutti i miliardi di figli che hanno perso un padre, .
E io il mio, padre per quasi 95 anni dei suoi quasi 96 di vita, lo saluto, per sempre, da qui, con i miei lettori, perchè mi ha consentito due cose che ora focalizzo: col suo esempio positivo di apprezzare il valore inestimabile dell’onestà particolarmente caro a chi ci segue, col suo mancato aiuto di essere arrivato a scrivere proprio per voi.