Pfas, rischi esposizione. Cristina Guarda (AMP): “Perché la Giunta non ha ancora predisposto un vademecum per la tutela dei cittadini e delle donne in gravidanza?”.
“Malgrado sia passato già un anno dal mandato ricevuto unanimemente dal Consiglio regionale, la Giunta non ha ancora avviato una vera campagna informativa a beneficio dei cittadini, capace di fornire consigli ed indicazioni sugli accorgimenti da adottare e sugli esami medici da fare per individuare e limitare gli effetti dannosi dei Pfas sulla salute, in particolare materna e neonatale”. A denunciarlo è la consigliera regionale Cristina Guarda (AMP) che con un’interrogazione solleva la questione.
“Era l’aprile dello scorso anno quando in aula venne approvata una mozione da me presentata come prima firmataria, con la quale è stato dato pieno mandato al governo veneto di dare la massima protezione ed informazione, diffondendo tra la popolazione maggiormente esposta una serie di avvertenze e di precauzioni. Eppure da allora nulla è stato fatto, se non un depliant di iniziativa della Asl berica che informa soltanto sul tema Pfas, ben diverso dal richiesto vademecum capace di guidare la cittadinanza nel capire cosa fare per tutelarsi e per garantire la salute propria e dei propri cari. Tutto ciò sebbene i richiami sulla necessità di intervenire e di garantire un’informazione trasparente e indicazioni mediche chiare, siano stati più che autorevoli”.
La consigliera fa in particolare riferimento all’appello lanciato da Ernesto Burgio, “pediatra ed esperto di punta dell’European cancer and environment research institute di Bruxelles, ed uno dei massimi studiosi a livello mondiale circa il rapporto tra degrado dell’ambiente e salute umana. Il suo richiamo è inequivocabile e invita in modo accorato le istituzioni ad agire, soprattutto perché il rischio maggiore dei Pfas si concretizzano durante la formazione del feto e nei primi 2 anni di vita del bambino”.
Di qui la domanda di Cristina Guarda rivolta alla Giunta sul perché non sia stata ancora predisposta alcuna campagna informativa.
Pfas, Brusco (M5S): “Estendere subito la sorveglianza sanitaria alle zone limitrofe all’area rossa e ampliare il biomonitoraggio”
Estendere la sorveglianza sanitaria alle zone vicine all’area rossa dei Pfas e ampliare il biomonitoraggio: la situazione dei Pfas è gravissima. A dirlo è il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Manuel Brusco, preoccupato per i dati che emergono dalle risultanze sul biomonitoraggio diffuse nei giorni scorsi dalla Regione.
“Quanto emerge dalle prime risultanze dello screening effettuato su oltre 9.500 cittadini residenti nella zona rossa è allarmante – ammette Brusco, che ha ricoperto il ruolo di presidente della commissione regionale sui Pfas – ci è sempre stato detto che queste sostanze chimiche non erano dannose per l’organismo, ma con questo monitoraggio emergono delle verità preoccupanti come valori di colesterolo altissimi e situazioni legate alla tiroide”.
“È giunto il momento di intervenire in maniera massiccia e soprattutto celere – tuona il consigliere – innanzitutto va allargata la zona da sottoporre a sorveglianza sanitaria, che oggi conta 21 Comuni”.
Il Consiglio regionale del Veneto ha approvato di recente un emendamento del gruppo M5S che prevede lo stanziamento di un milione e mezzo di euro per includere all’interno della zona di massima allerta anche quei Comuni che ad oggi sono collocati nella zona arancione, ovvero a pericolosità inferiore: nella lista di queste località figurano anche Vicenza, Montecchio Maggiore e Trissino, sede della Miteni.
“Ma non possiamo tralasciare altri Comuni che ad oggi non sono inseriti in alcuna fascia di pericolo o emergenza – avverte Brusco – come Arzignano, i cui pozzi acquedottistici sono prossimi al plume di inquinamento principale, oppure San Bonifacio, la cui frazione di Lobia è a due passi dai pozzi di Almisano. Questi ultimi sono ritenuti il principale vettore di Pfas all’interno delle condotte acquedottistiche di un’ampia zona del Veneto”.
“Inoltre, come è stato fatto ad esempio negli Stati Uniti, va ampliato il range di età dei soggetti da sottoporre al biomonitoraggio del sangue – conclude il consigliere pentastellato – i dati sono allarmanti soprattutto per le fasce d’età più giovani analizzate, ovvero a partire dai 14 anni. È opportuno quindi, per tutelare la salute anche dei più piccoli, estendere il monitoraggio del sangue anche alle classi d’età inferiori come chiedono anche le mamme No Pfas e i comitati che si battono perché questa faccenda venga finalmente presa in considerazione seriamente da Regione e Governo. E va fatto in tempi rapidi”.