Dalle ultime analisi acquevenete – è scritto in una nota – l’acqua potabile, cioè quella erogata agli utenti, ha valori di cC6O4 (composto analogo alle sostanze perfluoroalchiliche, ma di nuova generazione) inferiori al limite di quantificazione indicato da ARPAV, presso tutte le sei centrali gestite da acquevenete sull’asta del Po.
Non appena è emersa questa problematica, il laboratorio di acquevenete si è attivato per individuare un metodo di analisi, condiviso con ARPAV, dato che si tratta di un inquinante “emergente”, ancora sconosciuto, per cui non esiste uno standard certificato per la ricerca analitica. Il cC604 infatti non rientra tra gli inquinanti regolati a norma di legge, e si attendono indicazioni dagli Enti preposti circa l’introduzione di valori di riferimento a livello nazionale.
Dopo la segnalazione di Arpav dello scorso 28 marzo, acquevenete ha agito in base al principio di precauzione, a tutela della salute degli utenti: oltre al monitoraggio “pilota” del cC6O4, è scattata la sostituzione dei filtri a carbone attivo, già installati presso le proprie centrali che insistono sull’asta del Po.
Nei giorni scorsi sono proseguiti i monitoraggi dell’acqua grezza e di quella erogata. Per quanto riguarda la prima (ovvero l’acqua prima dei trattamenti, così come viene prelevata dal fiume), è stata confermata la presenza del cC6O4 nell’acqua superficiale che alimenta i tre impianti di potabilizzazione di Canalnovo, Corbola e Ponte Molo, mente le analisi condotte sull’acqua grezza utilizzata presso le tre centrali che prelevano acqua di falda del fiume Po (Castelnovo Bariano, Occhiobello e Polesella) hanno fornito valori inferiori al limite di quantificazione ARPAV di 40 ng/l.