A seguito delle notizie (durante il Processo Pfas, ndr) riguardo presunte irregolarità che hanno gettato discredito sulla filiera dei controlli di Arpav e quelle verso il gestore idrico vicentino Viacqua, Legambiente – come scrive nella nota che pubblichiamo (qui altre notizie sull’associazione ambientalista su ViPiu.it, ndr) ritiene importante verificare eventuali irregolarità o responsabilità individuali, ma al tempo stesso tiene la barra dritta e chiede di mantenere l’attenzione su origine e responsabilità dell’inquinamento, che la magistratura ha già attribuito in massima parte alla Miteni, l’industria chimica di Trissino nell’Ovest vicentino oggi imputata a processo con 15 dei suoi manager, affiancata da Mitsubishi e dal fondo finanziario ICIG quali responsabili civili.
Per l’associazione ambientalista l’attenzione deve restare alta per fare chiarezza e giustizia, senza distogliere l’attenzione dal problema principale: la falda, le acque superficiali e le acque potabili come quelle utilizzate dall’agricoltura e dall’industria in un’area abitata da almeno 300mila persone, sono state contaminate da Pfas e da C604 e GenX. Un inquinamento che ha cause e origini che devono essere identificate e confermate dalla magistratura nelle aule del tribunale di Vicenza e per questo Legambiente rilancia la necessità di un impegno deciso collettivo di pubblici ministeri e parti civili teso a sostanziare le responsabilità puntuali di questo gravissimo inquinamento ambientale e sanitario, che attanaglia l’ecosistema, affligge migliaia di persone ed espone al rischio default il tessuto economico di una vasta porzione di Veneto.
Legambiente ricorda anche che le conseguenze della contaminazione con effetti diretti sulle acque e sugli alimenti, interessano non solo le popolazioni locali, ma l’intero Paese. La stessa European Food Safety Authority (EFSA) specifica che a essere coinvolta è la popolazione generale e non solo non quella abitante gli specifici luoghi oggetto della contaminazione.
Ad oggi il rimpallo di responsabilità, a cui abbiamo assistito sin dal 2014, ha sempre portato la Regione del Veneto a rifugiarsi nell’impossibilità di introdurre limiti regionali in quanto i forever chemicals non sono presenti nella tabella delle sostanze normate dalla legge nazionale 152/2006. Ma con la recente approvazione della Legge Regionale 25/2021 della Regione Piemonte, a quanto pare l’impossibile è diventato possibile.
“La legge regionale 25/2021 di Regione Piemonte con l’articolo 74 introduce valori limiti di emissione allo scarico nelle acque superficiali per i composti appartenenti alla categoria delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS). Cosa aspettano Zaia ed il Consiglio Regionale Veneto a fare altrettanto? – chiede Luigi Lazzaro presidente regionale e componente della segreteria nazionale di Legambiente – Questa legge di iniziativa regionale, non impugnata dal Governo è un passo in avanti per la tutela della salute degli ecosistemi dall’inquinamento da pfas, che deve portare verso l’eliminazione di questi inquinanti dalle nostre acque”.
Ricordiamo che i valori di performance introdotti in Veneto a suo tempo, in assenza di una legge nazionale, sono legati alle singole autorizzazioni nell’area contaminata e non valgono per tutto il territorio regionale.
Un richiamo ancora più forte Legambiente lo indirizza anche al Governo, perché il divieto o la limitazione di questi pericolosi composti chimici torni ad essere una priorità politica dell’agire del Ministero alla Transizione Ecologica. “Oltre alle leggi regionali è quanto mai necessario e urgente che si proceda portando a compimento il percorso iniziato con il tavolo tecnico che si era aperto al MITE per una norma nazionale che limiti l’emissione dei pfas nelle acque, assumendosi la responsabilità nazionale che gli spetta. A meno che il Ministero non preferisca l’adozione di leggi diverse in ogni regione, abdicando di fatto al suo ruolo” conclude Lazzaro.