Pfas Miteni, Corriere del Veneto: “Per Arpav ci sono ancora inquinanti nei pozzi”

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Uno studio di Arpav presentato nel processo Pfas Miteni in corso a Vicenza dimostrerebbe la permanenza di inquinanti nei pozzi attorno alla dismessa industria chimica di Trissino. Il report è stato presentato nel corso dell’ultima udienza ed è stato realizzato da Paolo Zilli, il dirigente dell’unità organizzativa bonifiche dei siti contaminati del Veneto Occidentale.

Oggi, in edicola il Corriere del Veneto fornisce un resoconto dell’udienza. “Dal luglio al dicembre 2023 i livelli di sostanze perfluoroalchiliche della famiglia dei Pfas hanno superato più e più volte i limiti stabiliti dalla legge per le falde, che sarebbero per Pfos 30 nanogrammi litro; per la somma di Pfoa e Pfos 90 nanogrammi litro e per la somma di tutti gli altri Pfas (esclusi Pfoa e Pfos) 300 nanogrammi litro. Per quel che riguarda uno dei pozzi a sud dello stabilimento si «evidenziano nel semestre considerato concentrazioni quasi sempre superiori ai limiti – viene scritto nel documento -. Si segnala che il dato di novembre rappresenta il massimo assoluto di tutta la serie storica disponibile per i parametri Pfas». Lo stesso vale anche per altri due pozzi della stessa zona e per quelli della parte a ovest. Solo a nord le sostanze sono risultate nei limiti per la maggior parte del semestre, esclusi i mesi di ottobre, novembre e dicembre”.

Lo studio è stato sottoposto alla Corte d’Assise di Vicenza, dove è incardinato attualmente il procedimento, dagli avvocati di Acque del Chiampo, Viacqua, Acquevenete e Acque Veronesi, parti civili nel processo contro i 15 ex manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata e inquinamento ambientale. A loro si aggiunge la società Miteni per il fallimento (2018).

Uno dei legali, l’avvocato Marco Tonellotto “ha presentato il documento di Arpav chiedendo l’estensione del capo d’imputazione per la continuazione del reato, dato che la presenza di Pfas nell’ambiente persiste (sono usati dagli anni 50 per rendere impermeabili tessuti e oggetti di uso comune come la carta da forno e le pentole antiaderenti). Se la richiesta venisse accolta verrebbe annullata ogni possibilità di prescrizione per la contaminazione che interessa circa 350.000 veneti della cosiddetta area rossa tra le province di Vicenza, Padova e Verona”.

Fonte: Il Corriere del Veneto

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