“Ci sentiamo di sostenere la richiesta di massima trasparenza che Massimo Follesa esprime in relazione alle note drammatiche espresse dalle note apparse sulla contaminazione alimentare da Pfas – affermano in un comunicato Matilde Cortese ed Elvio Gatto portavoce del CoVePA, Comitato per una Pedemontana Alternativa -. Comprendiamo quanto sostiene il nostro vicepresidente con il gruppo civico del suo comune, abbiamo lottato da decenni ormai sulla Pedemontana Veneta e la premessa è sempre stata la massima trasparenza e l’assoluta chiarezza nella divulgazione dei dati, fino a pretendere che anche nomi e valori degli espropri fossero pubblicati in chiaro nelle determine presenti nei decreti pubblicati nel BUR Veneto. Tuttora stiamo lottando perché il nascondimento degli inquinanti attraverso le operazioni di costruzione emerga dai cantieri della SPV. Ad ogni problema ambientale corrisponde un problema per la salute pubblica che non deve essere nascosto da nessuno e tantomeno aggirata l’informazione chiara, esplicita e completa sulle informazioni che riguardano la salute. Nello specifico è indispensabile che dalla confezione sul banco si possa risalire con estrema chiarezza a tutti i passaggi della produzione e della distribuzione.
“Io credo che dovremmo fare una riflessione chiara e senza infingimenti sui dati pubblicati sulla contaminazione alimentare. Ritengo che questo argomento sia determinante come discrimine sul futuro, in particolare mi riferisco ai dati e ai contenuti divulgati di recenti da due gruppi a cui va il merito di aver ottenuto i documenti delle analisi dei prodotti alimentari nelle zone venete contaminate dai Pfas – afferma Follesa -. Non è affatto chiaro, e vorrei che lo fosse, se quei livelli nei prodotti siano stati poi consentiti per la commercializzazione, in poche parole se quei livelli riscontrati e presentati assemblati, a quali prodotti presenti nei banchi della piccola, media e grande distribuzione siano attribuibili. Il punto è che la filiera alimentare consente un tracciamento dal consumatore al produttore(nel dettaglio questo è normato soprattutto per i prodotti di origine animale attraverso codici e documenti di identità dei singoli animali macellati se bovini o ovini, per gli avicoli si parla di partite allevate) e questo adesso non chiaro. Mi domando perché la documentazione alla base delle analisi non è di dominio pubblico secondo il principio, più volte espresso sulle questioni della contaminazione da pfas e in molte riunioni, nei comitati, nei gruppi e nelle associazioni contro i Pfas, per cui se sono informato posso difendermi e tutelare la mia salute e quella dei miei figli?”.
“Dirò di più, io personalmente non accetto più il principio di delega per questo tipo di tutela basata proprio sull’informazione chiara trasparente e puntuale, che ricordo in materia di ambiente e di conseguenza di salute, è tutelata da una direttiva europea che afferma che nessun documento può essere nascosto o sottratto alla pubblica consultazione e diffusione.
In definitiva io chiedo di leggere gli originali dei documenti che la Regione Veneto ha consegnato a Greenpeace e alle Mamme Nopfas. Voglio sapere quali filiere e quali prodotti sui banchi continuano ad essere venduti contaminati e quali no”.