100 miliardi l’anno, quasi 300 milioni di euro al giorno: sarebbe questo il costo dell’inquinamento da Pfas in Europa. Numeri rilanciati dall’eurodeputata vicentina per Verdi/Ale Cristina Guarda a commento di Forever Lobbying Project, l’indagine pubblicata oggi, coordinata da Le Monde e condotta da 46 giornalisti, tra i quali 6 italiani.
“Non si può più negare l’evidenza, occorre agire subito a tutela della salute pubblica e dell’ambiente – afferma -. L’Unione europea deve approvare quanto prima la proposta di revisione del Regolamento REACH avanzata da Danimarca, Germania, Olanda, Norvegia e Svezia. Con il divieto totale dei Pfas, sostenuto dai Verdi europei, si libererebbero le risorse per finanziare progetti di ricerca e sviluppo che aiutino le imprese a eliminare i Pfas dalle loro produzioni con alternative non dannose per ambiente e salute.
E si potrebbero rafforzare e proteggere il sistema sanitario pubblico europeo – aggimge la Guarda -, garantendo risorse adeguate per la prevenzione e il trattamento delle patologie legate all’inquinamento ambientale”.
L’eurodeputata del gruppo Verdi/ALE aggiunge: “Da cittadina europea, che vive in uno dei siti più inquinati d’Europa, ringrazio i professionisti che hanno raccolto e analizzato oltre 14.000 documenti inediti, ottenuti tramite 184 richieste di accesso agli atti effettuate assieme al Corporate Europe Observatory (Ceo).
Questa inchiesta dimostra che un Europa senza Pfas non è solo giusta e possibile, ma anche più sicura sotto il profilo economico. Continuare a inquinare significa contrarre un debito col futuro, se per bonificare la contaminazione dei Pfas in Europa sono necessari 100 miliardi euro l’anno per i prossimi 20 anni – dichiara Cristina Guarda.
E se i Pfas continuano a inquinare l’acqua, il suolo e l’aria di tutta Europa, è anche grazie alle lobby che continuano a inquinare il dibattito pubblico: l’analisi del Ceo ha rivelato che molti degli argomenti diffusi dai lobbisti sono infondati o fuorvianti, e le tattiche utilizzate sono quelle già viste per tabacco e combustibili fossili.
Nulla di nuovo, quindi: di fronte alla minaccia di un possibile divieto totale di Pfas, che si estenda dalla produzione al consumo, le grandi aziende mostrano i muscoli e gonfiano i budget per l’attività di lobby. Questa enorme pressione esercitata nei confronti delle istituzioni europee è preoccupante, in relazione all’iter della proposta di restrizione avanzata dai cinque stati che è attualmente al vaglio dell’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA). Inoltre, dalla Commissione europea arrivano segnali contrastanti: un mese fa, la proposta di vietare due pesticidi contenenti PFAS, il flufenacet e il flutolanil, è stato un passo nella giusta direzione. Ma quando si parla di ban universale, la nuova Commissione sembra molto meno ambiziosa rispetto al primo mandato di Von der Leyen, che aveva l’obiettivo di ridurre a zero l’inquinamento.
Un esempio del mutato atteggiamento della Commissione? “Nella risposta ad una recente interrogazione che ho predisposto con la collega Benedetta Scuderi, relativa ai Pfas C6O4 prodotti da Syensqo nello stabilimento di Spinetta Marengo ad Alessandria, la Commissione non si è sbilanciata e ha rimandato a successive valutazioni qualsiasi proposta relativa alla restrizione di queste sostanze e dei composti per- e poli-fluorurati, prodotti non intenzionalmente durante il processo di polimerizzazione ed emessi nell’ambiente.
Di più, la Commissione ha voluto sottolineare che le decisioni da adottare debbano garantire l’equilibrio tra il principio di precauzione e “il più ampio contesto socioeconomico e normativo”. Un segnale niente affatto incoraggiante, che ci richiama all’urgenza di un maggiore impegno per un Europa libera da Pfas», conclude l’eurodeputata.