La relazione Onu sulla vicenda Pfas in Veneto formulata dal commissario Orellana fa ancora discutere la politica regionale. Come riportato in un nostro precedente articolo, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha stilato un documento sul caso.
In esso, si accusa la Regione Veneto di non aver effettuato screening sulla popolazione di tutte le località dove è stata o viene ancora oggi attinta acqua dalla falda contenente le sostanze perfluoroalchiliche. Inoltre, per scarsa trasparenza, i cittadini non avrebbero ricevuto informazioni adeguate per evitare l’utilizzo dell’acqua contaminata.
Sull’argomento è ritornata oggi Anna Maria Bigon, consigliera regionale del Partito democratico.
“La relazione del commissario Onu, Marcos Orellana – ha detto -, che analizza in profondità la vicenda della contaminazione da Pfas in Veneto, non va considerata come puro atto di memoria su quanto accaduto, ma va letta come potente richiamo alle istituzioni, in primis alla Regione, per agire nel presente sul fronte della tutela sanitaria e ambientale.
Per la prima volta – spiega la consigliera – c’è un riconoscimento internazionale dell’emergenza da sostanze perfluoroachiliche che ha colpito tre province (Vicenza, Verona e Padova, ndr) e qualcosa come 800 mila persone esposte.
Ma non parliamo di un’emergenza superata, bensì di uno scenario che ancora incombe e che necessita di interventi di salvaguardia. Colpisce il fatto che la Regione, anche dopo questa relazione, continui a tenere in stallo questa situazione che invece impone un livello di intervento massiccio, fatto di controlli sugli alimenti, monitoraggi costanti, opere infrastrutturali e campagne informative.
Un’inerzia che si aggiunge alle già pesanti responsabilità del passato che ormai quasi dieci anni fa, pur di fronte alle segnalazioni inequivocabili, hanno portato all’assenza di azioni tempestive che avrebbero limitato le dimensioni di questa autentico dramma”, ha concluso Anna Maria Bigon.