“Al momento è un Piano faunistico venatorio poco attento alla tutela della fauna selvatica e ai diritti dei cittadini”. Lo afferma in un comunicato il consigliere regionale di opposizione del PD Zanoni.
“Ma, soprattutto, contiene disposizioni in contrasto con la legge nazionale che vanno corrette, anche per evitare ricorsi. Faremo emendamenti in Commissione e in aula per riequilibrarlo e riportarlo entro i termini di legge” aggiunge al termine delle audizioni odierne sul nuovo Piano faunistico venatorio in Terza commissione, il consigliere regionale del Partito Democratico Andrea Zanoni. “Abbiamo fatto presente ai tecnici come il Piano preveda una superficie protetta in pianura pari al 18,47% del territorio cacciabile, al di sotto di quanto previsto dalla normativa statale, articolo 13 della legge 157/92, che fissa una forchetta variabile tra un minimo di 20 e il 30%. Ci aspettiamo che la Giunta intervenga per modificare la percentuale, senza utilizzare pretesti o artifizi. Sempre in contrasto con la legge nazionale è la mega oasi prevista nella laguna sud di Venezia proposta dalla Città Metropolitana, perché posizionata sulla laguna viva, ovvero in mare, un’area quindi non utile alla sosta, riproduzione e all’alimentazione della fauna selvatica; questa proposta della Città metropolitana ha il chiaro scopo di sottrarre territorio protetto vero. E a proposito di mancata tutela, il problema riguarda anche i valichi montani. In tutto il Veneto ne è previsto appena uno, quello del Monte Pizzoc in Cansiglio, che però ricade nella foresta demaniale e quindi era già tutelato da altre norme. Adesso attendiamo, come garantito dai tecnici presenti, di avere a disposizione le planimetrie del piano comprensive del reticolo stradale per individuare i confini dei vari istituti venatori e di tutela della fauna selvatica”.
Ma l’elenco non si esaurisce qua: “Anche la previsione di due Atc da 60mila ettari ciascuno in provincia di Vicenza va contro le indicazioni di Ispra che indicano Ambiti non superiori ai 20mila, a garanzia di un maggior legame tra cacciatori e territorio, altro pilastro della Riforma della legge sulla caccia del 1992. E a proposito di Atc e Comprensori alpini abbiamo chiesto precise disposizioni per tenere fuori dai consigli direttivi le mele marce, chi si è macchiato di bracconaggio, come già accade in altre Regioni”.
Infine il tema dei fondi sottratti alla caccia: “Si limita fortemente il diritto dei cittadini di vietare l’attività venatoria sul proprio terreno, con complicazioni burocratiche spinte all’estremo. È infatti necessaria una relazione tecnica sottoscritta da un professionista abilitato nonché autorizzazioni amministrative in caso di agriturismo o fattorie didattiche oltre a documenti di attestazione delle attività svolte, con una finestra temporale di 30 giorni. Tutto questo, così come il tetto massimo di territorio sottratto alla caccia che non può superare l’1%, non c’è nella legge statale”.