Il piano industriale? Ad Arcelor Mittal non serviva – è scritto in un comunicato del Partito Comunista Italiano – O meglio ciò che le serviva era un ulteriore stimolo a farsi cacciare senza pagare. E così ha aggiunto 500 pagine di istigazioni alle già precedenti forzature degli ultimi giorni: i dipendenti lasciati fuori dai cancelli perché nella notte e senza alcun preavviso messi in cassa integrazione, il ricorso alla cassa per altre 9 settimane per tutti i lavoratori e le ditte dell’indotto che non vengono pagate. Come se non fossero già sufficienti le azioni e gli atteggiamenti avuti fin da subito dopo la firma del contratto di acquisizione dell’ex ILVA.
Nel frattempo Arcelor Mittal ha già ottenuto quello che voleva. Il suo piano industriale vero (quello che aveva in mente quando ha acquistato gli stabilimenti italiani e non quello presentato al Governo e alle parti sociali nel 2018) lo ha realizzato portandosi via le quote di mercato che le servivano. Ecco perché non vede l’ora di andare via. Perchè ciò che doveva fare in Italia lo ha fatto, con il beneplacito di tutti e lasciando il peso del disastro sulle spalle dei lavoratori, dei contribuenti italiani e dei cittadini di Taranto.
Adesso assistiamo alla gara di straccio delle vesti da parte di tutti, compresi coloro che colpevolmente hanno legiferato (si è perso il conto del numero di decreti legge che dal 2012 si sono succeduti senza risolvere nulla), bandito gare e sottoscritto accordi. Tutti pronti a denunciare come irricevibili i 5000 esuberi (comprensivi dei 1800 dipendenti che AM avevo “promesso di riassorbire”), i rinvii degli investimenti produttivi, la riduzione dei livelli di produzione previsti nel 2025, il ritardo delle opere di ambientalizzazione. Come se la frima sotto quell’accordo e sotto quel contratto di vendita l’avesse messa qualcun’altro. E tutto questo senza nemmeno recitare un mea culpa battendosi il petto.
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